(Paolo Montalenti arbitro unico) – Bioera s.p.a. – Biofood Holding s.r.l.
<Società – Società per azioni – Cessione partecipazioni – Cessione di asset rilevanti – Clausola di earn out – Applicabilità – Criteri
Al fine di accertare se una clausola di earn out relativa alla cessione di partecipazioni possa applicarsi estensivamente anche al caso di cessione di asset rilevanti, l’arbitro procede ad una puntuale interpretazione del contratto alla ricerca della volontà espressa delle parti, alla verifica dei principi giurisprudenziali e dottrinali in punto di rapporto tra patrimonio e quote di partecipazione societaria e sulla base del riscontro della conformità dei fatti di causa a detti principi. (1)
[Omissis]
I. Svolgimento del Procedimento e quesiti delle parti
1. In data 9 luglio 2012, le Parti attivavano il presente procedimento arbitrale rituale e di equità (il “Procedimento”) comunicando, attraverso posta elettronica certificata Biofood anticipata via telefax, la “Scrittura Privata di Compromesso Arbitrale Rituale” (il “Compromesso”) dalle stesse sottoscritta in data 6 luglio 2012 per conferire incarico al prof. avv. Paolo Montalenti per decidere della controversia insorta in relazione al contratto con cui Bioera trasferì in data 3 maggio 2011 a Biofood la partecipazione da essa detenuta in International Bar Holding S.r.l. (“IBH”), così nominando arbitro unico il Prof. Avv. Paolo Montalenti ed esponendo alcune circostanze concernenti l’operazione di cessione, perfezionatasi nel maggio 2011, da parte di Bioera a favore di Biofood della partecipazione in IBH, nonché la successiva cessione, perfezionatasi il 20 gennaio 2012, da IBH a GF Immobiliare S.r.l. (“GF Immobiliare”) della partecipazione in General Fruit S.r.l. (“General Fruit”), fatti meglio descritti infra nella Sezione II del presente lodo.
2. Più precisamente come risulta dalla scrittura privata:
«a. Le Parti conferiscono incarico al prof. avv. Paolo Montalenti, con studio in Torino, alla via Torricelli, n. 4, quale Arbitro Unico, di decidere in merito alle seguenti domande:
(i) se l’occorrenza delle circostanze indicate nei punti 3 e 4 delle premesse, nonché delle eventuali ulteriori circostanze di fatto che potranno essere evidenziate in sede arbitrale, abbia determinato l’insorgenza in capo a Bioera del diritto di ricevere da Biofood Holding il pagamento di un earn out ai sensi e per gli effetti di cui al Contratto stipulato tra le Parti in data 3 maggio 2011;
(ii) in caso di risposta affermativa alla domanda che precede, quale sia l’entità dell’importo di cui Bioera ha diritto di ricevere il pagamento a titolo di earn out.
b. L’Arbitro Unico provvederà senza alcuna formalità di procedura e con esonero delle Parti dalla necessità della difesa tecnica, esaminando:
la documentazione relativa alla cessione da International Bar Holding a GF Immobiliare della partecipazione detenuta in General Fruit;
gli atti e i documenti del Consiglio di Amministrazione di Bioera;
gli ulteriori atti e documenti eventualmente prodotti dalle Parti, o che l’Arbitro Unico vorrà eventualmente richiedere;
e tenuto conto:
della situazione esistente al momento della stipulazione del Contratto, anche alla luce della imminente riammissione del titolo Bioera alla quotazione in Borsa;
degli eventi accaduti dalla data della stipulazione del Contratto alla data della cessione, da International Bar Holding a GF Immobiliare, della partecipazione detenuta in General Fruit;
delle ulteriori circostanze di fatto, alla stregua della documentazione che sarà fornita dalle Parti e che egli vorrà richiedere.
c. Alla stregua dell’analisi svolta, voglia l’Arbitro Unico:
√ decidere se sussista il diritto di Bioera a conseguire il versamento di un earn out da parte di Biofood Holding per effetto della cessione, da parte di International Bar Holding a GF Immobiliare, della partecipazione detenuta in General Fruit;
√ in caso affermativo, determinare la somma che Biofood Holding dovrà riconoscere a Bioera, nonché le modalità di corresponsione della stessa.
d. L’Arbitro Unico è espressamente autorizzato dalle Parti a decidere anche secondo equità.»
3. In data 17 luglio 2012, si costituiva in udienza, alla presenza delle Parti, l’Organo Arbitrale nella persona del Prof. Avv. Paolo Montalenti, il quale fissava termini per memorie e repliche.
L’Organo Arbitrale fissava la sede del Procedimento presso il proprio studio di Torino, via Torricelli 4, con possibilità di fissare udienze anche presso il proprio studio di Milano, Foro Buonaparte 20 e, con il consenso delle Parti; nominava Segretario del Procedimento l’avv. Paolo Rainelli.
In sede di costituzione dell’Organo Arbitrale, le Parti confermavano e davano atto che il Compromesso prevedeva l’arbitrato rituale e di equità e concedevano all’Organo Arbitrale, termine per la pronuncia del lodo in ragione di novanta giorni (ferma la sospensione feriale dal 1° agosto al 31 agosto) dal termine concesso per il deposito dell’ultimo atto difensivo o della discussione.
4. In data 27 luglio 2012, Bioera depositava in termini una memoria introduttiva corredata di documentazione, mediante la quale avanzava la seguente domanda:
“Voglia l’Ill.mo Arbitro Unico, rigettata ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così giudicare: NEL MERITO accertata la sussistenza, ai sensi del Contratto 3/5/2011 del diritto di Bioera al pagamento della parte variabile di prezzo per effetto dell’intervenuta cessione, da parte di IBH, della partecipazione del 30% in General Fruit, determinare l’entità di detto earn-out, e per gli effetti, condannare Biofood Holding, anche in via equitativa, al pronto pagamento dell’importo qualificabile come earn-out ai sensi del Contratto 3/5/2011, oltre interessi moratori e rivalutazione monetaria, dal dì della debenza all’effettivo saldo, con rifusione integrale delle spese del presente Arbitrato”.
5. In data 31 luglio 2012, Biofood depositava in termini la propria memoria introduttiva, con la quale chiedeva all’Organo Arbitrale di decidere se le domande di parte attorea:
“siano totalmente destituite di fondamento, in fatto e in diritto ed anche alla stregua di una valutazione di equità, e se per l’effetto la convenuta debba andare esente da qualsivoglia pretesa azionata nei suoi confronti”, nonché, “gradatamente, quantifichi l’Arbitro Unico la somma che Biofood Holding dovrà riconoscere all’attrice a titolo di earn-out per l’effetto della cessione, da parte di International Bar Holding a GF Immobiliare, della quota di partecipazione detenuta in General Fruit, tenuto conto dei costi sostenuti da Biofood Holding, del rischio assunto e dei risultati molto lusinghieri conseguiti grazie alla propria attività”.
In data 6 e 14 settembre 2012, Bioera e Biofood depositavano in termini brevi memorie di replica, reiterando le domande ed eccezioni formulate nelle rispettive memorie introduttive.
6. In data 4 ottobre 2012, l’Organo Arbitrale assegnava in udienza nuovi termini per precisazioni istruttorie e, successivamente, Biofood depositava ulteriore documentazione a supporto delle proprie domande ed eccezioni. In particolare Biofood avanzava istanza di ordine di esibizione, relativa a documenti che, secondo le prospettazioni di Biofood, contenevano elementi utili al fine della definizione della presente controversia; Bioera non si opponeva all’istanza e produceva nel corso dell’udienza del 25 ottobre 2012 la documentazione richiesta.
7. Con ordinanza resa sempre nell’udienza del 25 ottobre 2012, l’Organo Arbitrale, sentite le Parti, assegnava termini per memorie esplicative e, ritenuta necessaria la nomina di un Consulente Tecnico di Ufficio e la formulazione di quesiti, nominava quale Consulente Tecnico di Ufficio nel Procedimento il dottor Riccardo Ranalli, domiciliato in Torino, Corso Re Umberto 8, iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti di Torino (il “CTU”), formulando tre quesiti relativi a (i) l’incidenza, in termini economico-patrimoniali, della partecipazione in General Fruit rispetto al patrimonio complessivo di IBH avuto riferimento alla chiusura dell’ultimo esercizio precedente la cessione di detta partecipazione; (ii) la sussistenza o l’insussistenza, applicando i criteri economico-contabili generalmente utilizzati in operazioni analoghe, di una plusvalenza direttamente oppure indirettamente attribuibile a Biofood in conseguenza della cessione della partecipazione in General Fruit da parte di IBH, precisando, se rilevante, la diversa incidenza sul prezzo convenuto in caso di plusvalenza diretta oppure invece indiretta; (iii) la sussistenza o l’insussistenza di un potenziale rischio di sopravvenienza passiva non previsto dalle parti nel contratto di cessione di IBH e, in caso affermativo, alla rilevanza o irrilevanza della questione ai fini della determinazione dell’earn-out.
8. Rispettivamente in data 30 ottobre e 8 novembre 2012, Bioera e Biofood depositavano in termini proprie memorie esplicative circa i nuovi elementi di prova, reiterando con proprie argomentazioni le domande ed eccezioni inizialmente avanzate.
9. A seguito di proroghe dei termini originariamente assegnati per il deposito dell’elaborato peritale, concesse su istanza del CTU con ordinanze del 4 dicembre 2012, 16 gennaio 2013 e 23 gennaio 2013, l’attività peritale si concludeva in data 31 gennaio 2013, mediante rilascio da parte del CTU della propria relazione conclusiva sui tre quesiti sottopostigli (la “Relazione Peritale”), nella quale il CTU forniva risposta ai tre quesiti concludendo che (i) l’incidenza della partecipazione in General Fruit rispetto al patrimonio complessivo di IBH, nei termini precisati nel quesito, è pari all’80% sul totale dell’attivo e all’88% sul patrimonio netto; (ii) la cessione della partecipazione in General Fruit da parte di IBH determinò indirettamente in capo a Biofood una plusvalenza di Euro 909.670, rispetto alla valorizzazione della partecipazione in IBH ricavabile dalla cessione della stessa da Bioera a Biofood; (iii) è configurabile un rischio, tuttavia di incerta prevedibilità e di modesto importo, di sopravvenienza passiva, di là da eventuali costi di difesa, in caso di contenzioso, non previsto al momento della conclusione del contratto di cessione.
10. In data 20 febbraio 2013, l’Organo Arbitrale svolgeva con le Parti in udienza una trattazione dei risultati dell’attività svolta dal CTU e delle conclusioni della Relazione Peritale e, all’esito della medesima trattazione, assegnava alle Parti termini al 5 marzo 2013 per la precisazione delle conclusioni, al 20 marzo 2013 per il deposito delle conclusionali e al 3 aprile 2013 per eventuali repliche, ferma la facoltà per le Parti di chiedere entro la medesima data, in luogo delle repliche, la fissazione di un’udienza di discussione;
11. In data 3 marzo 2013, Bioera depositava in termini il foglio di precisazione delle proprie conclusioni, così formulate:
“Voglia l’Ill.mo Arbitro Unico, ogni contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa:
12. Sempre in data 3 marzo 2013, Biofood depositava in termini il foglio di precisazione delle proprie conclusioni, così formulate:
“– accerti e dichiari l’Arbitro Unico, anche alla luce dell’espletata consulenza tecnica di ufficio, che le domande spiegate dall’attrice siano totalmente destituite di fondamento, in fatto ed in diritto ed anche alla stregua di una valutazione di equità, e dichiari per l’effetto che la convenuta debba andare esente da qualsivoglia pretesa azionata nei suoi confronti. Con il favore delle spese e competenze del procedimento.»
13. In data 20 marzo 2013 Bioera e Biofood depositavano in termini le proprie memorie conclusionali, nelle quali Bioera quantificava la propria pretesa in relazione all’earn-out generato dalla cessione di General Fruit – grazie agli esiti della CTU – in Euro 909.670, mentre Biofood richiamava e ribadiva le proprie argomentazioni per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate.
In data 3 aprile 2013 le Parti trasmettevano all’Organo Arbitrale separate comunicazioni scritte nelle quali manifestavano di concordare sul fatto che le questioni in causa fossero state adeguatamente rappresentate e discusse nel corso del Procedimento e, conseguentemente, declinavano la facoltà di deposito di un’ultima memoria di replica nonché di richiedere la fissazione di un’udienza di discussione, rimettendosi alla decisione dell’Organo Arbitrale.
14. L’Organo Arbitrale tratteneva dunque la causa in decisione allo stato degli atti, senza ulteriori ordinanze e senza svolgimento di udienze decorrendo così il termine di novanta giorni dalla data del 3 aprile 2013, in quanto «termine concesso per il deposito dell’ultimo atto difensivo», come espressamente così previsto e stabilito dalle Parti in sede di costituzione dell’organo arbitrale, sino alla pronunzia del presente lodo in data odierna.
II. Ricostruzione dei Fatti
1. Nel marzo del 2011, PricewaterhouseCoopers, società incaricata della revisione nel Gruppo Bioera, anticipava l’intenzione di ritirare e, poi, il 15 aprile 2011, effettivamente ritirava la relazione di revisione relativa al bilancio al 31 dicembre 2010 di IBH, società allora inclusa nel consolidato di Bioera, a causa delle incertezze sulla valorizzazione dell’asset principale di IBH costituito dalla partecipazione del 30% in General Fruit:
Gli effetti di tali incertezze si riverberavano in sede di valorizzazione della stessa IBH nel patrimonio di Bioera, che nel contesto dell’impairment test effettuato il 27 aprile 2011 evidenziava una rilevante rettifica di valore della partecipazione in General Fruit, dagli originari Euro 2,909 milioni a Euro 1,005 milioni, con una corrispondente riduzione del valore patrimoniale di IBH e della partecipazione detenuta da Bioera.
Al fine di sgravare Bioera da tali incertezze e favorire la riammissione a quotazione delle azioni Bioera, veniva deciso di scorporare IBH dal perimetro del Gruppo Bioera.
2. In data 3 maggio 2011, in esecuzione di tale decisione, Bioera cedeva a Biofood, mediante sottoscrizione di un contratto di compravendita di partecipazioni (il “Contratto”) la proprietà della quota pari all’80,44% del capitale sociale di IBH, a fronte del pagamento, da realizzarsi nell’arco temporale di 36 mesi, della somma di Euro 741.210,79.
Tale importo, corrispondente alla somma esposta nel bilancio relativo all’esercizio chiusosi il 31 dicembre 2010, era stato determinato a seguito della svalutazione, da parte di Bioera, del valore della partecipazione in parola.
Nell’ambito del Contratto, le Parti avevano previsto che, oltre alla parte “fissa” di prezzo così determinata, Biofood fosse tenuta al versamento di una ulteriore componente variabile (cosiddetto “earn-out”) data (i) dal plusvalore realizzato dalla cessione a terzi della quota di partecipazione in IBH, ovvero (ii) dai ricavi provenienti dall’esperimento di azioni risarcitorie da parte della stessa IBH nei confronti di terzi, ovvero ancora (iii) dall’esperimento di azioni risarcitorie da parte di Biofood in relazione a fatti pregressi.
3. Nel gennaio 2012, attraverso un’operazione perfezionatasi nell’ambito di un accordo transattivo con la famiglia Lochis (titolare tra l’altro del restante 70% in General Fruit) (la “Transazione Lochis”) che vedeva tra le parti sia IBH sia Bioera, IBH alienava a GF Immobiliare la quota pari al 30% del capitale sociale di General Fruit, da essa detenuta, ad un prezzo di Euro 2.200.000,00 secondo modalità di pagamento dilazionate.
All’esito di detta cessione, Bioera riteneva che si fosse integrato il proprio diritto a percepire la parte variabile del prezzo, data dalla differenza tra quanto corrisposto da Biofood per l’acquisto della quota pari all’80,44% del capitale sociale di IBH e quanto da quest’ultima incassato per la vendita della partecipazione in General Fruit.
4. Secondo Bioera, pur non integrandosi la fattispecie espressamente prevista nel Contratto (che contempla la sola ipotesi della generazione di un plusvalore realizzato dalla cessione a terzi della quota di partecipazione in IBH, e non di propri singoli cespiti da parte della stessa) nella sostanza il risultato realizzato sarebbe stato identico, poiché la partecipazione in General Fruit costituiva, in realtà, l’unico asset di IBH.
Bioera promuoveva dunque il presente Procedimento avverso Biofood, come meglio descritto supra nella Sezione I del presente lodo.
III. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La questione centrale per la decisione della controversia consiste nello stabilire, alla luce dei principi, della ricostruzione della volontà delle Parti e degli elementi tecnico-economici della fattispecie, se la clausola di earn-out prevista nel contratto di cessione delle quote di IBH, da parte di Bioera, alla controllante Biofood debba applicarsi soltanto nell’ipotesi testualmente prevista in contratto di successiva cessione a terzi della «partecipazione oggetto del contratto» «entro 60 (sessanta) mesi» dalla data di stipulazione dello stesso oppure se possa rilevare al fine dell’applicazione della clausola anche la cessione, anziché della partecipazione, di asset rilevanti, e in caso affermativo, al ricorrere di quali elementi e quali condizioni, quantitative e qualitative.
2. Più precisamente il contratto stabilisce che «il prezzo si compone di una parte fissa e di una parte variabile»(art. 2). La parte variabile è composta da tre ordini di valori di cui, nel presente giudizio – il punto è pacifico tra le Parti – rileva soltanto «l’eventuale plusvalore da cessione della partecipazione oggetto del presente contratto». L’art. 2.2. stabilisce testualmente che «la parte variabile di prezzo (earn-out) comprende:
a) l’eventuale plusvalore da cessione della partecipazione oggetto del presente contratto a terzi, che Bioofod Holding S.r.l. dovesse realizzare qualora avvenga entro 60 (sessanta) mesi da oggi, al netto delle spese e degli eventuali oneri fiscali: tale parte di prezzo dovrà essere versata entro 60 (sessanta) giorni dall’avvenuto incasso».
3. Il tema è da tempo oggetto di ampio dibattito con riferimento alle garanzie in materia di compravendita di partecipazioni societarie, discutendosi se le garanzie per eventuali minusvalenze o sopravvenienze passive relative al patrimonio sotteso alle partecipazioni oggetto di trasferimento sussistano esclusivamente in quanto espressamente previste in contratto oppure invece elementi o vicende relativi all’oggetto di “secondo grado”, per usare una nota, e autorevole, formula dottrinale, possano rilevare anche ove non specificatamente pattuiti tra le parti.
4. L’Arbitro Unico ritiene che fatti e vicende attinenti al patrimonio sociale non possano rilevare in via generale ed automatica nelle acquisizioni societarie.
Dottrina e giurisprudenza formatesi in materia nel corso del tempo non hanno avuto come oggetto diretto di riflessione e decisione fattispecie identiche alla vicenda sottoposta all’Organo Arbitrale, ma la diversa questione della applicabilità dei rimedi, risarcitori o redibitori, per anomalie attinenti all’oggetto c.d. indiretto dell’acquisizione. Si tratta, tuttavia, di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale che ben può trovare applicazione nel caso di specie in cui, con piena analogia, si pone l’interrogativo se una vicenda traslativa relativa all’oggetto indiretto della partecipazione compravenduta – la vendita della partecipazione in General Fruit – possa assimilarsi in via interpretativa alla cessione della partecipazione nella società che ha ceduto l’asset di cui sopra.
5. Venendo al tema centrale l’Arbitro Unico osserva che, da tempo, e ancor oggi, il problema se l’oggetto del contratto di trasferimento di azioni (o, come nella fattispecie, di quote per cui valgono mutatis mutandis le medesime considerazioni) sia rappresentato anche dal patrimonio sociale è vivamente dibattuto.
In realtà, così formulata, la questione non può che essere risolta negativamente: l’azione è un bene autonomo e distinto dai beni che compongono il patrimonio sociale, ancorché titolo di credito (causale) o di partecipazione, rappresentativo di una frazione del capitale sociale. L’azione, in altri termini, incorpora il complesso rapporto giuridico di partecipazione sociale; non incorpora, cioè, il diritto di proprietà su una «frazione» dei beni aziendali, bensì il fascio di rapporti patrimoniali e corporativi che costituiscono lo «status» di socio; è titolo di partecipazione che incorpora la posizione di membro della organizzazione societaria. La circostanza per cui, in caso di trasferimento della totalità delle azioni, l’acquirente in quanto socio si trovi a disporre in fatto – ma giuridicamente sempre attraverso la mediazione dell’organo amministrativo – dell’intero complesso aziendale è elemento fattuale che non consente di equiparare il mutamento di titolarità della partecipazione al trasferimento di azienda.
6. La conseguenza più rilevante che discende da questa impostazione si situa sul terreno delle garanzie. Infatti, ad eccezione dell’azione di annullamento per dolo, sia l’annullamento per errore, sia gli ordinari rimedi contrattualiex empto, trovano applicazione soltanto con riferimento ad anomalie dei beni oggetto della compravendita (es.: azioni in numero e/o di categoria diversa da quanto concordato; partecipazioni non di proprietà del cedente; vendita in violazione di clausole di prelazione o gradimento previste in statuto, etc…), mentre la garanzia di una determinata consistenza patrimoniale deve essere espressamente pattuita.
7. Non sono tuttavia mancati i tentativi di superare questo orientamento, prevalente in giurisprudenza[1]ma criticato da una parte della dottrina perché ritenuto eccessivamente formalistico, e di attribuire una tutela diretta ai vizi del patrimonio sociale: o sotto il profilo dell’equiparazione alla vendita del patrimonio sociale, talvolta invocando la teoria del negozio indiretto, talvolta quella dell’oggetto mediato, o, meno recisamente, nel senso dell’equiparabilità in caso di società di comodo o di società familiari [2] o dell’applicabilità del rimedio dell’aliud pro alio se le azioni della società compravenduta siano anche individuate con riferimento a elementi rilevanti del patrimonio sociale oppure ancora richiamando l’istituto della presupposizione come strumento di superamento dell’oggetto formale del contratto, nel senso di attribuire rilevanza a circostanze oggettive e non aleatorie che le parti, in base ad una ricostruzione della volontà concreta risultante dal tenore del contratto [3], hanno considerato imprescindibili.
8. Anche la giurisprudenza recente ha mostrato qualche oscillazione rispetto all’orientamento più consolidato. Una pronuncia della Suprema Corte[4]è stata salutata da autorevole dottrina come un sostanzialerevirement: muovendo dalla premessa che la società è un “centro di imputazione meramente transitorio e strumentale”, e che con il conferimento i beni vengono assoggettati ad un diverso regime di utilizzazione “senza recidere ogni collegamento con i soggetti che hanno loro impresso quella destinazione”, i giudici ritengono che la consistenza e le qualità dei beni sociali “non possano essere considerati estranei all’oggetto del contratto di cessione delle quote o azioni”, e ciò non solo quando vi siano apposite garanzie, bensì anche quando “l’affidamento da parte del cessionario, sulla ricorrenza di tali requisiti debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede”.
9. La svolta è meno dirompente di quanto possa, a prima vista, apparire ma non per questo irrilevante: la Cassazione non ha esteso in via generale la tutelaex emptoa vizi e difformità del patrimonio sociale, ma ha, comunque, attribuito rilevanza alle situazioni in cui, secondo un canone di buona fede, è ragionevole ritenere che vi sia un affidamento da parte del cessionario. In altre parole, il retratto della Suprema Corte si colloca su di un piano contiguo a quello, non meno rilevante, delle c.d. garanzie implicite, la cui configurabilità è stata da poco ammessa dalla Cassazione, proprio con riferimento a compravendite di partecipazioni [5].
10. Interessante, ma isolato, risulta un provvedimento del Tribunale di Milano[6], storica roccaforte dell’orientamento più formalistico, che ha riconosciuto la legittimità della trascrizione nei registri immobiliari di una domanda di esecuzione in forma specifica di un preliminare di cessione di quote sociali di società immobiliare, domanda diretta ad ottenere non la proprietà delle partecipazioni, madirettamente la proprietà dell’immobile, unico cespite patrimoniale, sul presupposto – peraltro giuridicamente discutibile, ex art. 2332 c.c. [7] – della simulazione assoluta della società.
Ma sul problema generale dell’oggetto del contratto il Tribunale di Milano ha riconfermato il proprio orientamento restrittivo, ribadendo che non è impugnabile per vizio di volontà né risolubile per difetto di qualità il contratto di cessione di quote di società a responsabilità limitata qualora non sia stata prestata espressa garanzia circa la consistenza del patrimonio sociale [8].
E in tema di simulazione (in caso di trasferimento di quota di società proprietaria di un fondo rustico, secondo il ricorrente in violazione della prelazione agraria) la Suprema Corte si è espressa negativamente [9].
11. Un cenno ancora merita un recente filone giurisprudenziale, di merito e di legittimità, che ha ritenuto applicabile il divieto di concorrenza ex art. 2557 anche alla cessione di partecipazioni sociali, sul presupposto che la norma debba trovare applicazione in ogni situazione in cui direttamente o meno, un soggetto subentra nella titolaritàeconomicadi un’azienda e sussiste un rischio di concorrenza differenziale [10].
12. Si può quindi concludere, sinteticamente, che se da un lato deve respingersi la tesi della meccanica equiparazione tra azioni (o quote) e patrimonio, quest’ultimo può tuttavia emergere a giuridica rilevanza nelle ipotesi in cui, in relazione a specifiche circostanze fattuali, si possa ritenere che l’oggetto sostanziale della compravendita sia o il patrimonio oppure l’azienda o un ramo aziendale oppure ancora un singolo bene.
Si deve ulteriormente precisare che in quest’ultimo caso il collegamento tra oggetto indiretto e oggetto diretto del contratto risulta obiettivamente più stretto e riconoscibile, potendosi cioè ricostruire la volontà delle parti in ragione degli elementi strutturali del negozio e della sua esecuzione, anche indipendentemente da eventuali manifestazioni espresse di volontà o esplicite dichiarazioni interpretative.
Si pensi – ad esempio – alla cessione della totalità delle quote di s.r.l. il cui patrimonio sia costituito da un unico complesso immobiliare oppure all’ipotesi della holding (di partecipazione) che detenga un pacchetto azionario di un’unica società oppure ancora al caso di una società che detenga un ramo aziendale “a struttura semplificata”, quale un capannone con un’apparecchiatura produttiva o un intangible (know-how, brevetto, testata giornalistica).
13. Il caso di specie rientra, a giudizio dell’Organo Arbitrale, nella fattispecie di collegamento rilevante tra partecipazione e bene che consente il superamento, ai limitati effetti del riconoscimento dell’earn-out, dello schermo della personalità giuridica.
La partecipazione compravenduta è pari all’80,44% per cento della IBH, con estensione all’ulteriore 16,56%. Non è contestato tra le Parti, anche ai fini dell’applicazione o della non applicazione della clausola di earn-out, la sussistenza di una partecipazione marginale, comunque ininfluente sulla formazione del prezzo; ed infatti decisivo rilievo riveste la circostanza che il contratto nulla prevede quanto ad un eventuale prezzo aggiuntivo per la quota residua che, dunque, è irrilevante ai fini della decisione.
14. IBH, come espressamente si legge in contratto, detiene partecipazioni in altre società a responsabilità limitata.
L’asset ceduto da IBH, per cui deve valutarsi se, per rilevanza rispetto al patrimonio della stessa, la cessione implichi la applicazione della clausola di earn-out, è la partecipazione in General Fruit.
In altri termini, qualora si dovesse pervenire alla conclusione che, in base a parametri tecnico-economici obiettivamente riconoscibili e quantificabili, la partecipazione di IBH in General Fruit riveste un’importanza preponderante rispetto al patrimonio di IBH, in applicazione dei principi accolti dall’Arbitro Unico sul tema delle ipotesi di rilevanza del patrimonio rispetto alle quote di partecipazione societaria (nel caso di specie di s.r.l.), considerato che l’Arbitro Unico è chiamato a decidere anche secondo equità, allora, tutto ciò ricorrendo, la cessione di General Fruit dovrebbe essere ritenuta assimilabile alla cessione della partecipazione in IBH.
15. Dalla consulenza tecnica si evince che la risposta deve essere positiva.
Il CTU ha stabilito che «l’incidenza della partecipazione in General Fruit s.r.l., rispetto al patrimonio complessivo di International Bar Holding s.r.l. avuto riferimento alla data dell’ultimo esercizio precedente alla cessione di detta partecipazione è in termini patrimoniali, rispettivamente l’80% o l’88% se la si computa sul totale dell’attivo o sul patrimonio netto» e «in termini economici, i proventi riferibili alla partecipazione hanno un’incidenza del 71% del totale dei ricavi e proventi di IBH».
I dati economici tengono conto di ogni elemento patrimoniale meritevole di considerazione, ivi compresi i valori dei warrant e di altre contingencies, e rendono quindi la percentuale indicata – 88% – particolarmente pregnante come indicatore della significatività della partecipazione rispetto al patrimonio complessivo.
16. Più precisamente la Relazione Peritale del CTU dimostra che la partecipazione in General Fruit, pur non essendo l’unico bene in patrimonio di IBH, era, in ogni caso, l’asset qualificante il patrimonio stesso, il bene di gran lunga più importante, l’entità economico-patrimoniale coestensiva della quasi totalità del patrimonio sociale e fonte dei 2/3 dei ricavi e dei proventi.
Volendo ricorrere ad un parametro medio-ponderato tra indici statici e indici dinamici, si può concludere che la partecipazione in General Fruit rappresentava circa l’80% del patrimonio di IBH.
17. Per queste ragioni, ferma restando la necessità di attribuire, nella decisione, il dovuto rilievo alla circostanza per cui non si tratta di coincidenza assoluta e totalitaria in termini numerici, l’Organo Arbitrale ritiene che dal punto di vista quantitativo e funzionale la cessione della partecipazione in General Fruit da parte di IBH è sostanzialmente analoga alla cessione di IBH per gli effetti prodottisi nella sfera di Biofood.
18. A sostegno dell’interpretazione accolta milita un ulteriore, significativo argomento, tratto da una precisa manifestazione di volontà espressa dalla parte e non contestata in quanto espressamente richiamata da Biofood nella memoria conclusiva.
Si legge infatti nella nota di accompagnamento della bozza del contratto (doc. n. 9 allegato alla memoria introduttiva di Bioera, p. 3) che la clausola di earn-out determina i benefici che si fossero «direttamente ovvero indirettamente» prodotti.
Nella propria Breve memoria conclusiva Biofood ammette testualmente che «il meccanismo dell’earn-out era precipuamente previsto al fine di accordare a BIOERA il diritto di beneficiare di eventuali benefici che, direttamente od indirettamente, sarebbero scaturiti dalla titolarità della partecipazione (in International Bar Holding s.r.l.) a vantaggio di Biofood Holding s.r.l.» (corsivo nostro).
In conclusione sia dai documenti sia dalla espressa ammissione di parte convenuta deve evincersi che la soluzione accolta sulla base dei principi giurisprudenziali e dottrinali in punto di rapporto tra patrimonio e quote di partecipazione societaria e sulla base della verifica della conformità dei fatti di causa a detti principi, trova ulteriore conforto e riprova nella volontà espressa delle Parti.
Da tutto quanto sopra consegue che la clausola di earn-out deve trovare applicazione, nei termini di seguito precisati.
19. Si tratta ora di stabilire se la plusvalenza realizzata (da IBH) sia qualificabile come plusvalenza realizzata indirettamente da Biofood e come debba essere quantificata.
Sul primo punto la consulenza tecnica è netta nel concludere che «la cessione di General Fruit S.r.l. da parte di International Bar Holding s.r.l. ha indirettamente determinato «una plusvalenza di Euro 909.670,00 rispetto alla valorizzazione della partecipazione in International Bar Holding s.r.l. ricavabile dalla cessione della medesima partecipazione da Bioera a Biofood”.
20. Prescindendo per un momento dalla qualificazione, preme sottolineare che la plusvalenza realizzata in capo a IBH è liberamente disponibile da parte del socio dominante Biofood.
Il punto non è contestato tra le Parti ed è indirettamente confermato dalla circostanza che in una prima fase era stato oggetto di un finanziamento upstream.
Dirimente, in ogni caso, il rilievo che anche volendo prescindere dalla disponibilità diretta della plusvalenza in termini monetari essa rappresenta pur sempre un plusvalore che, per via della partecipazione dominante (pari all’80,44%) in IBH, ha ampliato la consistenza del patrimonio di Biofood.
21. Sotto il profilo della quantificazione si deve rilevare che la CTU ha applicato un metodo particolarmente analitico, mirato a tener conto di tutte le contingencies attive e passive, per stabilire l’entità della plusvalenza ascrivibile a Biofood in relazione al prezzo percepito di € 2.200.000,00. Il CTU ha infatti creato due Classi Aggregate composte da tutte le voci rilevanti e le ha confrontate con riferimento al 31 dicembre 2011 e al 3 maggio 2012.
La valutazione è avvenuta cioè in modo tecnicamente preciso e, in ogni caso, non è contestata dalle Parti.
La plusvalenza, derivante dalla differenza delle due classi aggregate è pari a 1.146.634, 00; la plusvalenza pro-quota – corrispondente all’80,44% – che è la quota di partecipazione di Biofood in IBH, è pari a 909.670,00 al netto delle imposte figurative calcolate dal CTU.
22. È necessario, ancora, stabilire se al fine della quantificazione, anche alla luce del criterio di equità, debba o non debba tenersi conto di eventuali rischi che Biofood abbia mantenuto nella propria sfera giuridico-patrimoniale non essendosi verificata la “cessione diretta”, cioè la vendita di IBH, bensì soltanto la cessione dell’“asset indiretto” General Fruit.
In particolare Biofood assume che «il valore complessivo di IBH … era (ed è tuttora) il risultato della somma algebrica di diversi eterogenei, elementi» tra cui alcuni «di segno potenzialmente passivo legati a:
– la possibilità di svalutazione di un rilevante credito vantato da General Fruit nei confronti di una procedura concorsuale, credito che, ove fosse stato svalutato, avrebbe comportato una sensibile diminuzione del valore della partecipazione (e quindi di riflesso, di IBH);
– l’esistenza di un nutrito contenzioso del quale, al momento della cessione, IBH era parte, e nell’ambito del quale la stessa società era stata fatta oggetto di una richiesta risarcitoria di oltre € 17.000.000,00».
23. Quanto al primo elemento l’Arbitro Unico rileva che si tratta di un assunto generico, privo di indicazioni quantitative anche in via di approssimazione. Quanto al secondo elemento di passività potenziale, l’Arbitro Unico osserva in primo luogo che si tratta di un non meglio precisato riferimento ad una pretesa risarcitoria, rimasta indeterminata e che negli atti del procedimento è assente ogni riferimento ai soggetti ed al contesto della controversia. L’Arbitro Unico rileva che, in ogni caso, valore dirimente assume la circostanza che dalla consulenza tecnica emerge che la richiesta di risarcimento avanzata dal fallimento Natfood è stato oggetto di transazione.
Si tratta, in conclusione, o di affermazioni generiche, sfornite non solo di elementi probatori ma anche di meri indicatori indiziari oppure di asserzioni inconferenti.
24. Osserva ancora l’Arbitro Unico che il CTU ha anche esaminato un potenziale rischio di sopravvenienza passiva, emerso nel corso del procedimento, valutandolo di incerta prevedibilità e di modesto importo, di là da eventuali costi di difesa, in caso di contenzioso, difficilmente, tuttavia, secondo l’Arbitro Unico, quantificabili, in ragione della non prevedibile entità dell’eventuale attività difensiva.
Vero è che il mantenimento della partecipazione di IBH implica effettivamente il permanere di un generico margine di rischio, per passività future, che, pur non potendo essere quantificato con precisione sulla base di dati individuati e forniti di idoneo supporto probatorio, deve tuttavia essere preso in considerazione in ragione del principio di equità con cui l’Arbitro Unico è tenuto a decidere.
25. Il principio di equità non può essere inteso come mera attenuazione del rigore della norma giuridica in forza di principi di giustizia ricercati nel foro interno del giudicante; per contro, come la S.C. ha avuto modo di chiarire[11], deve esprimere una regola socio-economica individuabile e condivisa nell’ambiente sociale di riferimento, al fine non di sovvertire, bensì di temperare l’eccessivo rigore della legge.
26. Nel caso di specie si può esprimere il principio di equità come segue: «nella valutazione dell’earn-out contrattualmente stabilito deve tenersi conto della plusvalenza indirettamente realizzata dalla società acquirente attraverso la cessione da parte della società acquisita del principale asset di quest’ultima anziché attraverso la cessione della società controllata, ma deve altresì tenersi conto, in una misura contenuta ma non irrilevante, di potenziali rischi di passività non individuabili con precisione e quindi anche non quantificabili in termini monetari, ma la cui verificazione potrebbe essere ancora ragionevolmente possibile nell’arco di tempo residuo rispetto al periodo di earn-out, rischi che, indirettamente, continuano a gravare sulla società acquirente».
Considerati tutti gli elementi disponibili, l’Arbitro Unico ritiene di individuare come equa percentuale di riduzione dell’earn-out per rischi potenziali la percentuale del 10% (dieci per cento).
27. Si osservi ancora che il ragionevole contenimento della quota percentuale di riduzione nei limiti del 10% trova una precisa giustificazione nel carattere estremamente analitico, tecnicamente preciso e profondamente articolato dell’elaborato peritale.
Infatti, il CTU al fine di rispondere ai tre quesiti sottopostigli, ha considerato analiticamente tutte le contingencies attive e passive individuate alla data del 3/5/2011, ha tenuto conto di tutti gli elementi attivi e passivi della variazione di valore della partecipazione in General Fruit e ha affrontato, oltre al resto, anche la questione del valore dei warrant Bioera, esaminando analiticamente la congruità delle valutazione dei liquidatori e dei revisori, attraverso l’applicazione di specifico modello di stima del valore e della volatilità (la formula c.d. di Black-Scholes).
28. In conclusione l’Arbitro Unico, tenuto conto che le valutazioni del CTU sono state rese attraverso un’indagine condotta con un supporto tecnico particolarmente sofisticato e con peculiare analiticità e precisione, e alla luce di tutte le altre considerazioni sopra svolte, ritiene che il margine di oscillazione per rischi potenziali futuri ancora ascrivibili alla sfera giuridica di IBH, debba considerarsi, in ragione della rilevanza dell’asset ceduto, circoscritto ad una sfera percentuale limitata che l’Arbitro Unico ritiene di stabilire nella percentuale del 10%.
29. Per tutte queste ragioni l’Arbitro Unico ritiene di dover riconoscere a favore di Bioera il diritto al pagamento della somma di € 909.670,00 dedotto l’importo del 10% pari a € 90.967,00, e quindi al pagamento di € 818.703,00 (Euro ottocentodiciottomilasettecentotre/00) oltre interessi e rivalutazioni sino al saldo.
IV. IL DISPOSITIVO
P.Q.M.
L’Arbitro Unico, disattesa ogni altra domanda, eccezione e deduzione, statuisce quanto segue:
1. accerta e dichiara ai sensi del contratto 3/5/2011 la sussistenza del diritto di Bioera al pagamento della parte variabile di prezzo (earn-out) per effetto dell’intervenuta cessione da parte di IBH della partecipazione del 30% nel capitale sociale di General Fruit;
2. determina l’entità di detto earn-out, anche in via equitativa, in € 818.703,00 (Euro ottocentodiciottomilasettecentotre/00);
3. condanna per gli effetti Biofood al pagamento a favore di Bioera del suddetto importo di € 818.703,00 (Euro ottocentodiciottomilasettecentotre/00), oltre interessi moratori dalla scadenza sino al saldo;
4. considerata la complessità della controversia e la controvertibilità delle questioni oggetto del Procedimento, anche in via di equità, compensa tra le Parti le spese di difesa e pone solidalmente a carico delle Parti stesse in ragione di metà per ciascuna le spese del Procedimento che liquida con separata ordinanza.
[Omissis]
NOTE
[1] Cfr. Cass., 10 maggio 1946, n. 559, in Foro it., 1944-46, I, 931; Cass., 28 gennaio 1986, n. 423, in Giur. comm., 1986, II, 277; Cass., 21 giugno 1996, n. 5773, in Società, 1997, 33; Cass., 6 agosto 1998, n. 7693, in Giur. it., 1999, 120; Cass., 27 settembre 1999, n. 10669, ivi, 980 ss.
Nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Milano, 17 aprile 1989, in Società, 1989, 939; Trib. Milano, 6 luglio 1989, ivi, 1067; App. Milano, 5 giugno 1990, in Società, 1991, p. 483; Trib. Milano, 17 ottobre 2002, in Giur. it., 2003, 297; Id., 18 ottobre 2002, ibidem; Id., 13 gennaio 2005, ivi, 2205, 748 ss.; Id., 15 febbraio 2006, ivi, 2006, 757 ss.
[2] Cfr. App. Milano, 1 maggio 1934, Raggio c. Cattaneo della Volta, in Riv. dir. comm., 1935, II, 164 ss.; riformata però da Cass., 29 marzo 1935, in Foro it., 1935, I, 1629 ss., con nota di T. ASCARELLI.
[3] Cfr. Cass., 24 marzo 2006, n. 6631, in Giust. civ., Mass., 2006; Cass., 25 maggio 2007, n. 12235, inedita. L’accertamento delle condizioni di operatività della presupposizione è dunque una quaestio facti da indagarsi caso per caso: si pensi, a titolo esemplificativo, alla società che abbia un immobile come unico cespite patrimoniale, oppure alla presenza di riferimenti, nel contratto, a determinati dati contabili poi rivelatisi errati.
[4] Si tratta di Cass., 20 febbraio 2004, n. 3370, pubblicata tra l’altro in Giur. it., 2004, 997 ss.; e in Giur. comm., 2005, II, 130 ss.
[5] Cass., 28 marzo 1996, n. 2843, in Foro it., 1996, I, 3382, seguita, da Cass., 23 febbraio 2000, n. 2059, in Società, 2000, 1205 ss. Nello stesso senso è forse da ultimo Cass., 13 dicembre 2006, n. 26690, in Giust. civ., Mass., che recita, in massima: “specifiche garanzie contrattuali, anche diversamente qualificate, sufficiente essendo che il rilascio della garanzia si evinca inequivocabilmente dal contratto”. L’unico precedente noto favorevole è la risalente Cass., 16 febbraio 1977, n. 721, in Foro it., 1977, I, 2275 ss.
[6] Trib. Milano, 8 marzo 2006, in Giur. it., 2006, 2325 ss..
[7] La dottrina e la giurisprudenza prevalenti sono, dopo qualche oscillazione, schierate nel senso che la simulazione della costituzione di società di capitali non possa essere fatta valere dopo l’iscrizione nel registro delle imprese, non risultando nel catalogo di cause di nullità individuate dall’art. 2332: cfr. Cass., 28 aprile 1997, n. 3666, in Giur. comm., 1998, II, 193 ss. Contra, in passato, Cass., 20 giungo 1983, n. 4231, in Giust. civ., Mass., 1983, fondando il proprio convincimento su una discutibile distinzione fra simulazione della società e del contratto di società; Cass., 1° dicembre 1987, n. 8939, in Riv. dir. agr., 1989, II, 203 ss. con riferimento ad una società immobiliare di godimento; la tesi della simulazione è stata sostenuta da Trib. Catania, 3 maggio 2005, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, 653 ss.; Id., 19 aprile 1999, in Società, 1999, 1225 ss.
[8] Così Trib. Milano, 15 febbraio 2006, in Giur. it., 2006, p. 757 ss., con note di richiami.
[9] Così Cass., 26 gennaio 2010, n. 1253, in Quot. giur., n. 4/3/2010.
[10] Cfr. spec. Cass., 20 gennaio 1997, n. 549, in Foro it., 1997, I, 1498, poi seguita, sia pure con percorsi argomentativi non sempre coincidenti, da Id., 16 febbraio 1998, n. 1643, in Giur. it., 1998, 1181; Id., 24 luglio 2000, n. 9682, ivi, 2001, 967 ss.; nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Nuoro, 3 luglio 2003, in Riv. giur. sarda, 759 ss.; Trib. Monza, 13 novembre 2001, in Giur. milanese, 2002, 69 ss.; contra, nel senso dell’eccezionalità del divieto, ostativo ad una estensione analogica, cfr. Cass., 23 aprile 1980, n. 2669, in Giust. civ. Mass., 1980; App. Milano, 16 giugno 1981, in Arch. Civ., 1981, 898 ss.; e, ancora, App. Milano, 15 luglio 1997, in Giur. ann. dir. ind., 1999, 222 ss.; App. Cagliari, 26 gennaio 1998, in Riv. giur. sarda, 1999, 405 ss.
[11] Cfr. Cass., 21 giugno 1985, n. 3725, in Giust. civ. Mass., 1985, fasc. 6 e Id., 4 luglio 2000, n. 8937, ivi, 2000, 1488.