Il contributo esamina la decisione resa dalla Corte di Cassazione in data 25 gennaio 2021 in materia di impugnazione del lodo arbitrale; in particolare, la Corte si è soffermata sul passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria e sulla possibilità per la Corte d’Appello di provvedere all’istruttoria della causa senza tuttavia annullare il lodo.
The paper examines the decision of the Court of Cassation of 25 January 2021 concerning the appeal against an arbitral award; in particular the Court focused on the transition from the rescindent phase to the rescissory phase and on the possibility for the Court of Appeal to investigate the case without annulling the award.
Keywords: ruling appeal – inquiry
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1. Il caso - 2. Aspetti di interesse del provvedimento - 3. Il procedimento bifasico di impugnazione del lodo arbitrale - 4. La natura istruttoria dell’ordinanza della Corte d’Appello - 5. Il principio di divisibilità del lodo arbitrale - 6. Conclusioni - NOTE
Il caso oggetto della decisione che si annota origina dall’impugnazione di un lodo arbitrale relativo alla definizione dei rapporti tra due ex socie di una società in nome collettivo in merito a numerosi prelievi effettuati da entrambe dal conto corrente della società. Il lodo veniva impugnato in quanto i due arbitri nominati dalle parti avevano avuto un preventivo contatto con il commercialista della società. La Corte d’Appello, dopo aver emesso un’ordinanza con cui convocava la CTU nominata dal collegio arbitrale per meglio chiarire la situazione e per estendere l’arco temporale dell’accertamento contabile, rigettava l’impugnazione. L’ex socia che aveva impugnato il lodo ricorreva quindi in Cassazione ritenendo che l’ordinanza della Corte d’Appello avesse di fatto concluso la prima fase, rescindente, del procedimento di impugnazione del lodo, avendo annullato il lodo stesso e avendo aperto di conseguenza la seconda fase, rescissoria.
Il provvedimento in esame risulta di particolare interesse non tanto perché tratta il tema, spesso affrontato dalla giurisprudenza di legittimità, della natura bifasica del procedimento di impugnazione del lodo arbitrale di fronte alla Corte d’Appello, ma piuttosto perché aggiunge un ulteriore tassello al puzzle delle pronunce sul tema. Infatti, nonostante fosse stato costantemente ribadito il principio secondo cui il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale si compone di una prima fase rescindente finalizzata all’accertamento di eventuali nullità del lodo e di una seconda fase rescissoria meramente eventuale che fa seguito all’annullamento, non risultavano precedenti pronunce in cui fosse stato trattato specificamente il tema della “mera delibazione” dei motivi di nullità del lodo, per usare le parole della Corte di Cassazione. Nel caso in esame, infatti, la Corte d’Appello non aveva preventivamente annullato il lodo per poi procedere all’istruttoria ed alla decisione nel merito della controversia, ma aveva emanato una ordinanza con la quale, dopo aver ritenuto che il preventivo contatto con il commercialista della società da parte dei due arbitri nominati dalle parti fosse da considerarsi indifferente ai fini del giudizio arbitrale, aveva disposto un supplemento di CTU. La sentenza che si annota costituisce dunque un’interessante novità nel panorama delle pronunce in materia di impugnazione del lodo arbitrale, in quanto ammette espressamente la possibilità per la Corte d’Appello di provvedere all’istruttoria della causa, senza che questo possa in alcun modo determinare il passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria, passaggio possibile solo allorquando venga decisa la nullità del lodo.
Come noto, l’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, disciplinata dagli artt. 828, 829 e 830 c.p.c., si presenta quale mezzo d’impugnazione in senso stretto [1], a critica vincolata, e con una netta distinzione tra una prima fase rescindente ed una (eventuale) seconda fase rescissoria. Infatti, il legislatore ha strutturato l’impugnazione per nullità in due fasi ben separate, anche quando siano risolte nell’ambito della stessa pronuncia: la prima fase è diretta all’annullamento del lodo; la seconda, che si apre solo allorquando la prima si sia conclusa con una sentenza di annullamento, è diretta alla decisione della controversia nel merito [2]. Peraltro, il giudizio rescissorio davanti alla Corte d’Appello è una fase logicamente e giuridicamente distinta rispetto al giudizio rescindente anche quando, come spesso capita nella prassi, la stessa decisione comprende entrambe le pronunce [3]. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità [4], stante tale natura bifasica del giudizio di impugnazione del lodo, nella prima fase non è consentito alla Corte d’Appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri; solo in sede rescissoria al giudice dell’impugnazione è attribuita la facoltà di riesame del merito delle domande, comunque nei limiti del petitum e delle causae petendi dedotte dinanzi agli arbitri. In altre parole, prima di poter esaminare il merito della controversia, la Corte d’Appello deve decidere sull’annullamento del lodo, che può derivare solamente da uno dei motivi di nullità espressamente previsti dall’art. 829 c.p.c. La novità e l’importanza della sentenza in esame la si comprende allora se ci si pone questa domanda: e se per decidere sull’annullamento del lodo non bastasse l’istruttoria espletata in sede arbitrale ma fosse necessario procedere ad una nuova istruzione della causa? Ponendoci in questa prospettiva, non siamo più a valle dell’annullamento, ma siamo a monte: il lodo arbitrale non è ancora stato cancellato e non è necessario procedere ad una nuova istruttoria per sostituirlo con una decisione della Corte d’Appello; è invece necessario comprendere, [continua ..]
La Corte di Cassazione ha basato la propria decisione sull’assunto secondo cui l’ordinanza della Corte d’Appello avesse inequivocabilmente natura istruttoria e non decisoria e fosse dunque inidonea a concludere la fase rescindente e determinare il passaggio alla successiva fase rescissoria. Il ragionamento dei giudici di legittimità pare corretto, dal momento che l’ordinanza non ha deciso in alcun modo sulla validità del lodo. Analizzando il contenuto dell’ordinanza, infatti, si nota che con essa la Corte d’Appello: (i) ha ritenuto che il preventivo contatto con il commercialista della società da parte dei due arbitri fosse da considerarsi indifferente ai fini del giudizio arbitrale, non avendo in alcun modo inciso sulla decisione finale, esclusivamente basata sulle risultanze della CTU; (ii) ha ritenuto di dovere convocare a chiarimenti la CTU per conoscere quali fossero le modalità di acquisizione degli assegni bancari; (iii) ha ritenuto di dover estendere l’accertamento contabile, ricomprendendo l’incarico affidato dal collegio arbitrale le movimentazioni del conto corrente intestato alla società fino alla cessazione della stessa; (iv) ha disposto la convocazione della CTU affinché, in contraddittorio con i CTP, rendesse chiarimenti sulle modalità di acquisizione della documentazione. Ai sensi della prima parte dell’art. 830, comma 1, c.p.c., «La corte d’appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo». Nell’ordinanza in esame, non vi è alcuna traccia di una decisione sull’impugnazione. Inoltre, non si tratta di una sentenza in cui viene dichiarata la nullità del lodo ma di un’ordinanza, revocabile e modificabile a norma dell’art. 177 c.p.c. Nondimeno, la Corte ha osservato che, anche qualificando in astratto l’ordinanza come sentenza non definitiva, la ricorrente non aveva comunque proposto riserva facoltativa nei termini previsti a pena di decadenza dall’art. 361, comma 1, c.p.c., relativamente a quella parte di ordinanza riguardante il motivo di impugnazione del lodo coltivato anche con il ricorso per cassazione.
Un passaggio della sentenza in esame desta tuttavia più di una perplessità. Il riferimento è alla conclusione della Corte secondo cui «solo l’eventuale accoglimento anche di un solo motivo di nullità del lodo dà luogo, in virtù del principio di indivisibilità del lodo arbitrale (che comporta che la nullità di uno dei capi del lodo si estenda anche agli altri), al necessario passaggio alla fase rescissoria». Infatti, la Corte di Cassazione sembra dimenticare che la riforma del 1994, anche in rispetto degli impegni internazionali [5], ha voluto smentire l’orientamento giurisprudenziale che aveva sancito, di fronte al silenzio del precedente dettato normativo, il principio di indivisibilità del lodo arbitrale. Tale principio aveva suscitato notevoli critiche in dottrina [6] ed oggi risulta pacificamente superato. Infatti, ai sensi della seconda parte dell’art. 830, comma 1, c.p.c., «se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo». Risulta pertanto davvero incomprensibile la dimenticanza della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, resa ancora più evidente dal fatto che il principio di divisibilità del lodo era stato già fatto proprio dalla giurisprudenza della medesima corte [7].
In conclusione, la sentenza in esame costituisce un’interessante novità nel panorama delle pronunce in materia di impugnazione del lodo arbitrale, in quanto ammette espressamente la possibilità per la Corte d’Appello di provvedere all’istruttoria della causa, senza che questo determini il passaggio dalla fase rescindente a quella rescissoria. Pare dunque condivisibile la conclusione della Corte di Cassazione secondo cui solo l’eventuale accoglimento di un motivo di nullità del lodo dà luogo al passaggio alla fase rescissoria. Non condivisibile invece è la precisazione secondo cui il passaggio alla fase rescissoria si verifica con l’accoglimento anche di un solo motivo di nullità del lodo, «in virtù del principio di indivisibilità del lodo arbitrale (che comporta che la nullità di uno dei capi del lodo si estenda anche agli altri)». Infatti, nel caso di accoglimento di un solo motivo di nullità del lodo, si determinerà la nullità parziale del lodo, come previsto dalla seconda parte dell’art. 830, comma 1, c.p.c., a condizione che il vizio incida su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre.