Il presente scritto, occasionato dal Lodo di Milano del 20 maggio 2016, affronta alcune delicate questioni in tema di revoca per giusta causa dell’amministratore di s.a.s. e compromettibilità in arbitri del relativo giudizio.
This article comments the arbitration award Milan May 20, 2016. In the writing there are some reflections on causes of directors’removal and arbitrability concerning the revocation.
Keywords: Limited partnership, Administrator, Removal, Causes, Discretionary rights, Arbitrability.
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1. Il caso - 2. La compromettibilità in arbitri dell’azione di revoca dell’amministratore di s.a.s. - 3. Panorama degli orientamenti in tema di giusta causa di revoca dell’amministratore di s.a.s. - NOTE
Il caso oggetto del lodo che si annota riguarda una s.a.s. immobiliare, della cui compagine fanno parte al 99,6% un Trust in veste di socio accomandante, una socia accomandataria amministratrice, proprietaria dello 0,3% delle quote, ed un socio accomandatario institore (giusta procura dell’amministratrice in contestazione), titolare del residuo 0,1% delle quote. Dopo aver ottenuto in via cautelare la revoca della socia accomandataria ed amministratrice, pronunciata ex art. 2259, comma 3, c.c., con ordinanza del Tribunale di Milano in data 10 giugno 2015 [1], il Trust attiva la clausola arbitrale contenuta nello statuto della s.a.s. per incardinare il giudizio di merito ed ottenere una pronuncia di conferma della predetta cautela. La controversia nasce dai dissidi insorti tra i membri della compagine sociale di IME s.a.s., tutti facenti parte della stessa famiglia Marazzi, ovverosia il Trust Lorymar ed il suo beneficiario, da una parte, e i due soci accomandatari, dall’altra. A fondamento dell’azione di revoca, il Trust ha posto una serie di atti amministrativi illegittimi, asseritamente realizzati in violazione delle norme di legge e delle previsioni statutarie, quali il conferimento da parte dell’amministratrice di una procura institoria all’altro socio accomandatario (e figlio) elusiva dei limiti statutari; la conclusione di un contratto di affitto di due rami aziendali (costituenti sostanzialmente l’intero patrimonio della società) in assenza di giustificazioni oggettive e di qualsiasi consenso del socio accomandante, oltre a numerosi atti di mala gestio inerenti anche la violazione del diritto di informazione ex art. 2320 c.c. del socio accomandante. Alle domande del Trust aderisce con intervento adesivo, giudicato legittimo, il beneficiario del Trust medesimo. Nel resistere, l’amministratrice revocata eccepisce, in via preliminare, l’incompetenza/difetto di giurisdizione arbitrale per indisponibilità dei diritti in contesa (in favore del Giudice ordinario) e, in subordine, nel merito, il rigetto dell’ordinanza cautelare. Alla posizione dell’amministratrice aderisce l’altro socio accomandatario, anch’egli con intervento ad adiuvandum. Il lodo in epigrafe, che conclude con la dichiarazione di competenza/ giurisdizione dell’Arbitro in materia di revoca ex art. 2259, comma 3, [continua ..]
Il lodo prende in esame la questione della compromettibilità in arbitri dell’azione di revoca, con particolare riferimento alla “giusta causa” indicata a presupposto della domanda. Punto di partenza dell’iter motivazionale è l’interpretazione della sentenza n. 18600 del 12 settembre 2011 della Suprema Corte, secondo la quale «non è compromettibile in arbitri l’azione di revoca per giusta causa di un amministratore di società in accomandita semplice ex art. 2259 c.c. in relazione all’art. 2315 e 2293 c.c. fondata sulla violazione da parte dell’amministratore medesimo delle disposizioni che prescrivono la precisione e chiarezza dei bilanci nonché l’obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale, trattandosi di disposizioni preordinate alla tutela di interessi non disponibili da parte dei singoli soci e perciò non deferibili al giudizio degli arbitri» [2]. La decisione suggerisce una lettura coerente della predetta pronuncia, desumendone l’ammissibilità in linea generale della devoluzione in arbitri dell’azione di revoca per giusta causa e ritenendo esclusa la via arbitrale (in favore del giudice ordinario) solo quando la censura della condotta dell’amministratore revocando abbia ad oggetto la violazione di norme preordinate alla tutela di interessi posti a protezione non solo dei soci, ma anche dei terzi (ad esempio, le disposizioni che prescrivono i criteri di predisposizione dei bilanci oppure quelle che impongono l’obbligo di consentire ai soci il controllo della gestione sociale). La richiamata sentenza della Suprema Corte è infatti inequivoca laddove in parte motiva chiarisce come l’area dell’indisponibilità debba ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio. Conformemente in giurisprudenza è stato ritenuto che non sia compromettibile in arbitri l’azione di revoca per giusta causa di un amministratore di s.a.s. ex art. 2259 c.c. in relazione agli artt. 2315 e 2293 c.c., fondata sulla violazione delle disposizioni che prescrivono la precisione e la [continua ..]
Venendo al merito della sussistenza dei presupposti per la pronuncia della revoca dalle funzioni di amministratore del socio accomandatario, il lodo in commento si pone in linea con gli orientamenti consolidati in relazione all’applicabilità alla fattispecie dell’art. 2259, comma 3, c.c. ed all’individuazione della giusta causa. Secondo la Cassazione, l’art. 2259, comma 3, c.c., che come noto, prevede la facoltà per ciascun socio di società semplice (e di s.n.c., in forza del richiamo ex art. 1319 c.c.) di richiedere la revoca giudiziale per giusta causa dell’amministratore trova applicazione anche nell’ambito della società in accomandita semplice [17]. Infatti, l’art. 2319, che è esplicitamente previsto nel capo IV relativo alla società in accomandita semplice e prevede per la revoca degli amministratori il concorso della volontà di entrambe le categorie dei soci, non si considera pertinente all’ipotesi di revoca per giusta causa degli amministratori, disciplinata invece dall’art. 2259, commi 1 e 3, c.c., che viene ad esprimere dunque un principio generale, valevole per tutte le società di persone. Se il principio è sempre apparso inequivoco per i soci accomandatari, giusta la loro equiparazione ai soci di società in nome collettivo ex art. 2318, comma I, c.c., così non è sempre stato per i soci accomandanti. Dottrina più risalente ha infatti posto in luce che tra i poteri di controllo spettanti ai soci accomandanti sulla scorta del sistema dell’art. 2320 c.c. non rientrerebbe l’azione di revoca (quasi a ritenere che il riconoscimento di un siffatto potere possa integrare violazione del divieto di immistione) e che, per altro verso, l’istituto della revoca giudiziale per giusta causa sarebbe da ritenersi incompatibile con la speciale disciplina dettata per la società in accomandita semplice, specie nell’ipotesi in cui la revoca dell’unico accomandatario sia suscettibile di indurre all’impossibilità di funzionamento della società [18]. Sul punto, il provvedimento commentato si pone in linea con quanto espresso dall’ordinanza cautelare di revoca del Tribunale di Milano, che ne costituisce l’antecedente logico-processuale, e con l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale [continua ..]