Il commento, occasionato dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 9 maggio 2017, affronta alcune problematiche questioni in tema di dissenting opinion e arbitrato rituale.
The paper focuses on the role of dissenting opinion in Italian domestic arbitration.
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1. Il caso e la condivisibile soluzione offerta dalla Corte d’Appello di Napoli - 2. La funzione della dissenting opinion nel contesto dell’arbitrato rituale - NOTE
La sentenza in epigrafe offre lo spunto per riflettere sull’istituto della dissenting opinion nell’arbitrato rituale, anche se, nel caso di specie, si trattava di una opinione dissenziente non espressa nella tipica forma della dichiarazione scritta “di minoranza” allegata al lodo. Nella vicenda in esame, infatti, la parte soccombente in arbitrato rituale aveva impugnato il lodo arbitrale lamentandosi, inter alia, del fatto che il Collegio Arbitrale non aveva tenuto conto dell’opinione di minoranza espressa da uno degli arbitri e formalizzata con nota depositata in Camera di Consiglio (del deposito si dava conto nella motivazione nel lodo), ma non anche allegata alla pronuncia arbitrale [1]. Il Collegio aveva dunque deliberato a maggioranza, come consentito dall’art. 823, n. 7, c.p.c. [2]. Verosimilmente – anche se nella motivazione della decisione non si richiama espressamente siffatta disposizione – il vizio lamentato era stato dall’istante ricondotto al motivo di censura di cui all’art. 829, n. 5, c.p.c. (mancanza dell’esposizione sommaria dei motivi). La Corte d’Appello, dopo aver rilevato che il Collegio Arbitrale, nella motivazione del lodo, aveva dato conto della sussistenza di un’opinione di minoranza ritenuta, tuttavia, non condivisibile dalla maggioranza del Collegio, ha correttamente affermato che il fatto di non aver condiviso l’opinione di minoranza espressa da uno degli arbitri non costituisce autonomo motivo di impugnazione del lodo [3]. Né tantomeno, al fine di assolvere l’obbligo di motivazione di cui all’art. 829, n. 5, c.p.c. sussiste un dovere, gravante in capo agli arbitri di maggioranza, di indicare le ragioni per cui non si condivide l’opinione di minoranza. Infatti: – per un verso, affinché il lodo sia validamente emanato, è sufficiente la deliberazione a maggioranza di voti, come recita l’incipit dell’art. 823 c.p.c. Sul Collegio grava unicamente l’obbligo di dare atto, nella decisione, del fatto che l’Arbitro di minoranza non ha voluto sottoscriverla ma non anche di dettagliare le ragioni specifiche del dissenso [4]; – per altro verso, l’onere di motivazione del lodo è soddisfatto con la mera indicazione delle ragioni di fatto e di diritto idonee a far individuare alle parti [continua ..]
L’espressione di una opinione dissenziente da parte dell’Arbitro messo in minoranza, quando la decisione sia affidata ad un Collegio Arbitrale, è consentita nel contesto dell’arbitrato rituale italiano, posto che l’art. 823 c.p.c., a differenza di quanto prevede l’art. 276 c.p.c. per la deliberazione del Tribunale in composizione collegiale, non impone il requisito della segretezza [6]. A meno che le parti, nel patto compromissorio, ovvero in un atto scritto separato anteriore all’inizio del processo arbitrale, non optino a favore dell’applicabilità dell’art. 276 c.p.c. al procedimento arbitrale [7]. Con riferimento alla sua funzione, si è ritenuto che la regola della sottoscrizione a maggioranza di cui all’art. 823, n. 7, c.p.c. (da cui si desume quella della ammissibilità della opinione dissenziente) sia da ravvisare: i) nella tutela delle parti, le quali hanno interesse ad ottenere un lodo anche in caso di dissenso tra gli arbitri; ii) nella tutela degli arbitri di maggioranza, che vengono così protetti dal dissenso dell’Arbitro di minoranza[8],e. posti ciononostante in condizione di adempiere l’obbligazione assunta nei confronti delle parti con il contratto di arbitrato (Schiedsrichtervertrag) [9]. Si deve altresì ritenere che l’istituto della dissenting opinion operi anche in favore dell’Arbitro dissenziente, esonerandolo da eventuali responsabilità ai sensi dell’art. 813-ter, comma 2, c.p.c. per quanto scritto nel lodo dagli arbitri di maggioranza nei limiti previsti dall’art. 2, legge 13 aprile 1988, n. 117, commi 2 e 3, qualora siffatte affermazioni abbiano comportato la caducazione del provvedimento arbitrale in sede di impugnazione con sentenza passata in giudicato [10]. In altri termini: l’istituto della dissenting opinion svolge un’ulteriore funzione (iii) consistente nel rendere effettivo l’ultimo comma dell’art. 813-ter c.p.c., secondo cui ciascun Arbitro risponde solo del fatto proprio. Precisamente, l’art. 813-ter, comma 2, c.p.c., in deroga a quanto previsto dall’art. 2236 c.c., prevede che sia possibile proporre un’azione di responsabilità nei confronti dell’Arbitro nei limiti dell’art. 2, commi 2 e 3 della legge 13 aprile 1988, [continua ..]