Nel secondo semestre del 2021 la Suprema Corte è ritornata sull’interpretazione della convenzione d’arbitrato non solo in quanto determinante la relativa natura rituale o irrituale ma anche per le conseguenze in merito ai rapporti con i patti parasociali ed alla connessa potestas iudicandi, il cui difetto è eccepibile nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri (salvo il caso di controversia non arbitrabile), degradando l’invalidità della convenzione a nullità sanabile. Affrontata la tematica della nomina degli arbitri, soprattutto con riferimento all’arbitrato societario, la cui disciplina dettata dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 si palesa più rigorosa rispetto a quella dell’arbitrato di diritto comune, sono stati altresì vagliati l’istituto della ricusazione oltre che le conseguenze dell’omessa trasmissione dalla nomina all’altra parte, in relazione al principio del contraddittorio concretamente letto alla luce dell’effettività del diritto di difesa. Il Giudice di legittimità, dopo essersi pronunciato con riferimento a diverse ipotesi di nullità della statuizione arbitrale, ha vagliato profili inerenti al riconoscimento ed all’esecuzione del lodo in forza della Convenzione di New York ed ha garantito continuità alla pregressa giurisprudenza, delle stesse Sezioni Unite, in merito alla compromettibilità di controversia relativa a pretesa risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, in quanto concernente diritti soggettivi. Argomentando anche dalla c.d. “responsabilità relazionale” o da “contatto sociale qualificato”, è stata infatti ricondotta nell’alveo della giurisdizione ordinaria la detta controversia se fondata sulla lesione dell’affidamento del privato, nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a causa di una condotta assunta come difforme dai canoni di correttezza e buona fede.
Parole chiave: Arbitrato, Convenzione d’arbitrato, Clausola compromissoria, Potestas iudicandi, Arbitrato societario, Lodo, Lodo arbitrale estero, Impugnazione per nullità, Questioni di giurisdizione.
In the second half of 2021, the Supreme Court resolved again on the interpretation of the arbitration agreement, not only with regard to its ritual or informal nature, but also with regard to its conceptual relation with shareholders’agreements and to the related potestas iudicandi, the lack of which may be objected to in the first hearing following the acceptance of the arbitrators (except in the case of a non-arbitrable dispute), thus reducing the invalidity of the agreement to a voidable nullity (nullità sanabile). Having addressed the issue of the appointment of arbitrators, especially with reference to corporate arbitration, whose rules set forth in Article 34 of Legislative Decree no. 5 of 2003 are stricter than those of arbitration under ordinary law, the Court also examined the issue of recusal (ricusazione) and the consequences of failure to notify the appointment of the arbitrators to the other party, particularly in relation to the principle of cross-examination in the light of the effectiveness of the right of defence. After ruling on different cases of nullity of the arbitration award, the Court has addressed profiles relating to the recognition and enforcement of the award under the New York Convention, in line the previous case law of the Sezioni Unite concerning the possibility of having an arbitration in relation to claim for damages advanced toward a public authority. Arguing also on the basis of the so-called “relational liability” or “qualified social contact”, the Court has maintained that such claim for damages, if concerning a damage to the reliance on the issuance of an administrative measure due to a behavior inconsistent with the fairness and good faith, falls within the competence of the ordinary courts.
Keywords: Arbitration, Arbitration convention, Arbitration clause, Judicial powers, Corporate arbitration, Arbitration award, Foreign arbitration award, Action for annulment. Jurisdiction issues.
1. Premessa - 2. Convenzione d’arbitrato tra interpretazione e difetto di potestas iudicandi - 3. L’Arbitrato irrituale - 4. La nomina degli arbitri - 5. Il contraddittorio - 6. Giurisdizione e competenza - 7. Lodo e Convenzione di New York
Nel secondo semestre del 2021 la Suprema Corte è ritornata sull’interpretazione della convenzione d’arbitrato non solo in quanto determinante la relativa natura rituale o irrituale ma anche per le conseguenze in merito ai rapporti con i patti parasociali ed alla connessa potestas iudicandi, il cui difetto è eccepibile nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri (salvo il caso di controversia non arbitrabile), degradando l’invalidità della convenzione a nullità sanabile. Affrontata la tematica della nomina degli arbitri, soprattutto con riferimento all’arbitrato societario, la cui disciplina dettata dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 si palesa più rigorosa rispetto a quella dell’arbitrato di diritto comune, sono stati altresì vagliati l’istituto della ricusazione oltre che le conseguenze dell’omessa trasmissione dalla nomina all’altra parte, in relazione al principio del contraddittorio concretamente letto alla luce dell’effettività del diritto di difesa. Il Giudice di legittimità, dopo essersi pronunciato con riferimento a diverse ipotesi di nullità della statuizione arbitrale, ha vagliato profili inerenti al riconoscimento ed all’esecuzione del lodo in forza della Convenzione di New York ed ha garantito continuità alla pregressa giurisprudenza, delle stesse Sezioni Unite, in merito alla compromettibilità di controversia relativa a pretesa risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, in quanto concernente diritti soggettivi. Argomentando anche dalla c.d. “responsabilità relazionale” o da “contatto sociale qualificato”, è stata in particolare ricondotta nell’alveo della giurisdizione ordinaria la detta controversia se fondata sulla lesione dell’affidamento del privato, nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a causa di una condotta assunta come difforme dai canoni di correttezza e buona fede.
Dall’insieme degli artt. 829, comma 1, n. 1) e 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., si ricava che l’impugnazione per nullità del lodo per l’ipotesi in cui “la convenzione d’arbitrato è invalida”, è ammessa a condizione che la parte abbia eccepito nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi ultimi per invalidità del compromesso o della clausola compromissoria (salvo il caso di controversia non arbitrabile). L’invalidità della convenzione d’arbitrato degrada dunque a nullità sanabile se non eccepita; Ne consegue, conclude Cass., Sez. II, n. 15613/2021, in caso di deferimento della controversia ad un collegio arbitrale, il difetto di potestas iudicandi del collegio decidente, per essere la convenzione di arbitrato nulla, deve essere eccepito nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri, sicché, in difetto, la dedotta invalidità degrada a nullità sanabile. Nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto precluso l’esame della questione sulla potestas iudicandi degli arbitri per invalidità della clausola arbitrale, in quanto avanzata per la prima volta in sede di impugnazione del lodo. La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società di persone, che preveda la nomina di un arbitro unico ad opera dei soci e, nel caso di disaccordo, ad opera del presidente del tribunale su ricorso della parte più diligente, è però affetta, sin dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003, da nullità sopravvenuta rilevabile d’ufficio – ove non fatta valere altra e diversa causa di illegittimità in via d’azione – con la conseguenza che la clausola non produce effetti e la controversia può essere introdotta solo davanti al giudice ordinario. Argomentando nei termini di cui innanzi Cass., Sez. I, n. 16556/2020, aveva già escluso la rilevabilità d’ufficio della predetta nullità in quanto il ricorrente aveva infondatamente denunciato, nel giudizio impugnatorio, una diversa causa di inesistenza della potestas iudicandi degli arbitri, dunque di illegittimità o inoperatività della clausola, in relazione al profilo del difetto di legittimazione degli eredi ad avvalersene. Nel caso in cui sia però [continua ..]
Ancora una volta emerge quindi l’importanza dell’esegesi della convenzione che, comunque, rileva anche al fine di determinare se si verta in tema di arbitrato rituale o irrituale. L’arbitrato irrituale costituisce uno strumento di risoluzione contrattuale delle contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici, imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole, conciliante o transattiva. Poiché le parti si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà, il lodo irrituale ha natura negoziale ed è impugnabile ai sensi dell’art. 808-ter c.p.c. Ne consegue che, ove venga in discussione quale fosse l’oggetto della controversia deferita agli arbitri, il vizio denunciato si traduce in una questione d’interpretazione della volontà dei mandanti e si risolve, analogamente a quanto accade in ogni altra ipotesi di interpretazione della volontà negoziale, in un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se condotto nel rispetto dei criteri di ermeneutica contrattuale e correttamente motivato (Cass., Sez. II, n. 14986/2021; in termini sostanzialmente conformi, Cass., Sez. I, n. 6830/2014). Cass., Sez. I, n. 30000/2021, seguendo l’impostazione di cui innanzi, ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’appello che non aveva adeguatamente spiegato i motivi per i quali aveva ritenuto che una determinata controversia, decisa in seguito ad un arbitrato irrituale, rientrasse nell’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione di una clausola compromissoria contenuta in un patto parasociale. L’arbitrato libero o irrituale trova difatti la sua fonte in un contratto di mandato con il quale due o più parti incaricano uno o più soggetti di definire una controversia per conto e nell’interesse dei mandanti, sicché la determinatezza o la determinabilità dei confini soggettivi ed oggettivi della controversia oggetto del compromesso arbitrale è la condizione indefettibile della validità del lodo. Gli ultimi esplicitati approdi di legittimità si pongono quindi in sostanziale linea di continuità con la pregressa giurisprudenza. Come già in precedenza evidenziato [Antezza, Interpretazione e portata della convenzione [continua ..]
La disciplina dettata dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 per l’arbitrato societario risulta indubbiamente più rigorosa rispetto al diritto comune, non limitandosi a prescrivere che la clausola compromissoria preveda il numero e le modalità di nomina degli arbitri di competenza delle parti, ma disponendo, a pena di nullità, che, nel caso in cui la designazione sia demandata ad un terzo, quest’ultimo debba essere un soggetto estraneo alla società. Trattasi però di disciplina speciale che non è consentito estendere all’arbitrato disciplinato dal codice di rito, il quale prevede che nell’ipotesi in cui la clausola compromissoria si traduca nella violazione del principio secondo cui il meccanismo di designazione degli arbitri deve costituire espressione della volontà di tutti i contendenti, l’affidamento della nomina ad un terzo non estraneo alle parti non comporta la nullità del compromesso o della clausola compromissoria, restando la posizione di terzietà ed imparzialità degli arbitri garantita dall’operatività dell’istituto della ricusazione, come disciplinato dall’art. 815 c.p.c. Cass., Sez. VI-I, n. 24462/2021, argomentando nei termini di cui innanzi, ha escluso la nullità di una clausola compromissoria che prevedeva la nomina del terzo arbitro ad opera del Presidente dell’ABI, associazione cui aderiva anche la banca parte della controversia. In merito alla nomina degli arbitri in arbitrato societario, la clausola compromissoria contenuta nello statuto societario la quale, non adeguandosi alla prescrizione dell’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003, non preveda che la nomina degli arbitri debba essere effettuata da un soggetto estraneo alla società è nulla, non potendosi accettare la tesi del “doppio binario”, per cui essa si convertirebbe da clausola per arbitrato endosocietario in clausola per arbitrato di diritto comune, atteso che l’art. 34 commina la nullità per garantire il principio di ordine pubblico dell’imparzialità della decisione (ex plurimis, Cass., Sez. I, n. 25610/2021). In termini più generali circa la composizione del collegio arbitrale, con particolare riferimento alla nomina dell’arbitro da giudice territorialmente incompetente, già la Suprema Corte aveva chiarito che la nomina dell’arbitro in violazione della regola, [continua ..]
Ove una parte ometta di trasmettere la propria memoria all’altra, la circostanza che per tale omissione non sia stata pattiziamente prestabilita alcuna conseguenza non basta ad escludere la nullità del lodo, essendo necessario accertare se la mancata trasmissione dell’atto abbia concretamente cagionato una violazione del principio del contraddittorio. Cass., Sez. I, n. 24008/2021, proprio in applicazione del principio di cui innanzi, condividendo la statuizione impugnata, ha escluso che la mancata trasmissione al contumace di una memoria, non contenente domande nuove o riconvenzionali, determinasse una violazione del diritto di difesa, così ponendosi nel solco già tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimità che, a più riprese, ha chiarito il diverso modo di atteggiarsi del contraddittorio nel procedimento arbitrale rispetto al giudizio innanzi al giudice ordinario. I detti approdi necessitano difatti di essere letti alla luce del diritto di difesa, del principio del giusto processo, anche in termini di sua ragionevole durata (art. 111 Cost.), oltre che del corollario costituito dall’interesse, attuale ed effettivo, ad impugnare. La questione della violazione del contraddittorio deve in particolare essere esaminata non sotto il profilo formale ma nell’ambito di una ricerca volta all’accertamento di una effettiva lesione della possibilità di dedurre e contraddire, onde verificare se l’atto abbia egualmente raggiunto lo scopo di instaurare un regolare contraddittorio e se, comunque, l’inosservanza non abbia causato pregiudizio alla parte. Ne consegue dunque che la nullità del lodo e del procedimento devono essere dichiarate solo ove nell’impugnazione, alla denuncia del vizio idoneo a determinarle, segua l’indicazione dello specifico pregiudizio che esso abbia arrecato al diritto di difesa (Cass., Sez. I, n. 18600/2020). Nel giudizio arbitrale, al pari di quanto avviene in quello ordinario, l’omessa osservanza del contraddittorio – il cui principio si riferisce non solo agli atti ma a tutte quelle attività del processo che devono svolgersi su un piano di paritaria difesa delle parti – non è difatti un vizio formale ma di attività; sicché la nullità che ne scaturisce ex art. 829, n. 9, c.p.c., e che determina, con l’invalidità dell’intero giudizio, quella derivata [continua ..]
L’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione (Cass., Sez. VI-II, n. 34569/2021, in senso conforme, ex plurimis, Cass., S.U., n. 24153/2013). La controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della pubblica amministrazione che si assume difforme dai canoni di correttezza e buona fede, in quanto concernente diritti soggettivi, può essere compromessa mediante arbitrato rituale, a condizione che sia identificabile un comportamento della pubblica amministrazione, diverso dalla mera inerzia o dalla mera sequenza di atti formali di cui si compone il procedimento amministrativo, che abbia cagionato al privato un danno in modo indipendente da eventuali illegittimità di diritto pubblico ovvero che abbia indotto il privato a non esperire gli strumenti previsti per la tutela dell’interesse legittimo pretensivo a causa del ragionevole affidamento riposto nell’emanazione del provvedimento non più adottato. Questo è quanto statuito da Cass., S.U., n. 12428/2021, che ha ravvisato nella inerzia dell’amministrazione, consistita nell’omessa sottoscrizione del nuovo schema di convenzione urbanistica, approvato con delibera del Consiglio comunale, e nel perdurante mancato esercizio del potere di revoca un comportamento idoneo a indurre il legittimo affidamento del privato sulla conclusione della convenzione. La statuizione di cui innanzi si pone dunque in continuità con la pregressa giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 08236/2020) nel ricondurre nell’alveo della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato [continua ..]