Nel caso di specie gli amministratori di una s.r.l. hanno deliberato il conferimento dell’azienda in una nuova società. Il Collegio arbitrale ha ritenuto che tale operazione fosse diretta a modificare sostanzialmente l’oggetto sociale e che sussistesse il diritto di recesso previsto in ipotesi di deliberazione assembleare.
In the present case, the directors of an “s.r.l.” limited liability company decided to transfer the firm to a New Company.
The Arbitration Board ruled that such operation was aimed at substantially modifying the company object and that also in that case the right to withdraw envisaged for general meeting resolutions existed.
Keywords: corporate purpose – s.r.l./limited liability company – right to withdraw – arbitration panel
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1. Il caso - 2. La decisione di modificare sostanzialmente l’oggetto sociale della s.r.l. - 3. Diritto di recesso e validità della deliberazione - 4. Sostanziale modificazione dell’oggetto sociale posta in essere dall’organo amministrativo - 5. Le statuizioni del Collegio arbitrale - NOTE
Nel caso di specie una società a responsabilità limitata (Alfa) svolgeva in via quasi esclusiva attività di commercio all’ingrosso di determinati prodotti. L’obiettivo della società (come si legge nella motivazione del lodo) era garantire ai soci il loro approvvigionamento alle migliori condizioni di mercato possibili. L’organo amministrativo ha deciso di conferire l’azienda relativa a tale attività ad una nuova società (Gamma), acquisendone una partecipazione pari al 50% del capitale, mentre altra società (Beta) ha effettuato un apporto di denaro, conseguendo una partecipazione per il restante 50%, di ammontare pari al valore dell’azienda. La maggioranza degli amministratori nella newco è in base allo statuto di nomina da parte della società che ha effettuato il conferimento in denaro. A seguito dell’operazione la s.r.l., pur continuando a svolgere attraverso la nuova società l’attività di commercio all’ingrosso precedentemente posta in essere, veniva sostanzialmente “trasformata” in una società immobiliare, essendo rimasta la proprietà dell’immobile in capo ad essa, e di gestione di partecipazioni. Un gruppo di soci ha esercitato il diritto di recesso, ritenendo che l’operazione abbia determinato una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale ed ha pertanto richiesto la liquidazione delle loro quote. La società ha resistito, contestando la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di recesso. Il lodo ha affrontato numerosi problemi su delicate questioni relative alla disciplina della s.r.l. e, in particolare, in ordine alla decisione relativa ad operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo.
Come è noto, il legislatore ha dedicato particolare attenzione ed una peculiare disciplina con riferimento a tali operazioni ed a quelle, trattate in parallelo, concernenti una rilevante modificazione dei diritti dei soci. Si tratta di scelte gestionali che sono sottratte, con norma imperativa, alla competenza degli amministratori ed attribuite alle decisioni dei soci. Infatti, l’art. 2479, comma 2, numero 5, c.c. dispone che in ogni caso sono riservate alla competenza dei soci le decisioni di compiere le operazioni ora richiamate. Si tratta di decisioni che debbono essere adottate necessariamente in forma collegiale attraverso una deliberazione assembleare (cfr. il comma 4 dell’art. 2479 c.c.). Anche sotto il profilo delle maggioranze il legislatore prevede una regola peculiare: infatti, ai sensi del comma 3 dell’art. 2479 bis c.c., l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Inoltre, è previsto dall’art. 2473 c.c. il diritto di recesso “in ogni caso” a favore dei soci che non hanno consentito al compimento di tali operazioni. Come si diceva, queste ultime costituiscono scelte gestorie eccezionalmente sottratte per volontà del legislatore alla competenza degli amministratori, individuate attraverso il loro risultato (sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o rilevante variazione dei diritti dei soci). Non è per nulla facile la precisa individuazione di tali fattispecie. Con riferimento alla prima, recentemente si è osservato che “essa riguarda, con ogni evidenza, operazioni astrattamente pertinenti all’oggetto sociale: la norma, invero, ha la funzione di limitare i poteri degli amministratori, rimettendo alla collettività dei soci la decisione sul compimento di atti altrimenti rientranti nelle prerogative gestorie dei primi, mentre le operazioni estranee all’oggetto statutario rimangono già di per sé sottratte alla loro competenza” [1]. Tra gli esempi che vengono normalmente richiamati dalla dottrina vi sono le operazioni consistenti nel conferimento dell’azienda o di un suo ramo, nell’affitto della stessa, nel passaggio di una società da operativa [continua ..]
Come è noto, il legislatore introduce numerose ipotesi di recesso, sia nell’ambito della s.p.a. sia in quello della s.r.l., a favore di soci non consenzienti rispetto a determinate deliberazioni dell’assemblea. Tale diritto sussiste indipendentemente dalla validità di queste ultime? In altre parole, è configurabile la possibilità dell’utilizzo dell’uno o dell’altro strumento di tutela, l’azione invalidante oppure il recesso? Mi pare che la risposta debba essere in senso positivo, dal momento che si tratta di strumenti che determinano conseguenze differenti e che non sempre hanno lo stesso ambito di applicazione. Ovviamente l’azione invalidante “cancella” la deliberazione, ma presuppone la presenza di un vizio di nullità o annullabilità, può essere adottata normalmente solo entro determinati termini e può essere “superata” attraverso una nuova deliberazione valida. Il diritto di recesso comporta lo scioglimento nel rapporto sociale limitatamente al recedente, la liquidazione del valore delle azioni o della quota e non è possibile la revoca del medesimo. Occorre anche osservare che in alcuni casi l’azione invalidante ben difficilmente può raggiungere il risultato di cancellare l’operazione: si pensi in particolare al caso della trasformazione. In tale ipotesi è quasi impossibile impugnare la deliberazione prima della sua iscrizione nel registro delle imprese conseguendo in tale intervallo un provvedimento di sospensione dell’esecuzione della deliberazione. Pertanto, l’azione invalidante si trasformerà in un’azione risarcitoria ai sensi del comma 2 dell’art. 2500 bis c.c., per di più di non facile utilizzo, data la difficoltà di quantificare il danno conseguente. Ciò posto, il diritto di recesso a favore del socio dissenziente costituisce uno strumento di tutela certamente molto più efficace. Un discorso forse analogo può essere effettuato nell’ambito della società per azioni e in presenza di deliberazioni annullabili qualora il socio non raggiunga la percentuale necessaria per promuovere l’impugnazione e quindi sia legittimato esclusivamente a richiedere il risarcimento del danno. Anche in questa ipotesi potrebbe risultare più efficace l’esercizio del diritto di [continua ..]
Come si è più volte osservato, le operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale sono attribuite con norma inderogabile alla competenza dei soci di s.r.l. Pertanto, l’eventuale deliberazione dell’organo amministrativo avente tale oggetto risulta invalida. Controversa invece è la conseguenza che da ciò deriva con riferimento all’atto posto in essere nei confronti dei terzi. Da una parte della dottrina si è osservato che il potere di rappresentanza verrebbe meno in quanto si tratterebbe di un limite legale [4]. Pertanto, l’atto in questione sarebbe da qualificare come inefficace. Altri Autori ritengono, per contro, che si tratti di un limite gestorio non opponibile ai terzi e quindi efficace nei loro confronti [5]. La giurisprudenza è orientata nel senso del limite legale, ma oscillante in ordine alle relative conseguenze, ritenendo di individuarle ora nella nullità, ora nell’annullabilità, ora ancora nell’inefficacia dell’atto [6]. Recentemente il Tribunale di Napoli [7] ha affermato che l’amministratore di s.r.l., che abbia concluso un contratto in mancanza della decisione dei soci richiesta dal n. 5 del comma 2 dell’art. 2479 c.c., non difetta dei poteri di rappresentanza. Tale soluzione mi pare accoglibile: infatti, come sottolinea il Commentatore con nota adesiva, tutela la sicurezza nei rapporti giuridici, in particolare con riferimento ad una fattispecie, la sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, dai contorni sfuggenti e in concreto spesso difficilmente individuabili. Il problema centrale affrontato nel lodo in commento concerne la sussistenza o meno del diritto di recesso nel caso in cui l’operazione comportante la sostanziale modificazione dell’oggetto sociale sia posta in essere, in violazione delle norme dettate per la s.r.l., dall’organo amministrativo. In dottrina sussistono varie opinioni al proposito. La tesi per cui il diritto di recesso non potrebbe venire in considerazione è fondata, a seconda degli Autori, su due presupposti differenti. Alcuni si collegano al dato letterale relativo alla fattispecie di recesso che fa riferimento alle deliberazioni dell’assemblea e quindi escludono la sussistenza di tale diritto in presenza di una deliberazione adottata da altri organi. Si rileva ancora che in ogni caso [continua ..]
Il Collegio arbitrale ha accolto la tesi per cui il recesso può essere esercitato anche in caso di deliberazione dell’organo amministrativo avente per oggetto una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, in assenza di una decisione dei soci. Un primo argomento su cui viene fondato l’assunto fa riferimento al dato letterale. Il legislatore ricollega il diritto di recesso al cambiamento sostanziale dell’oggetto sociale, non ad una deliberazione avente tale contenuto. Si potrebbe però obiettare che tutte le fattispecie di recesso delineate con riferimento alla s.r.l. dall’art. 2473 c.c. si riferiscono al contenuto delle decisioni, senza far riferimento a queste ultime. In questo senso la norma è costruita in modo differente da quella parallela relativa alla s.p.a., l’art. 2437 c.c., che, per contro, richiama sempre la deliberazione avente un certo contenuto. Tanto è vero che in dottrina viene utilizzato l’argomento letterale per sostenere la tesi opposta, la non sussistenza del diritto di recesso. Proprio perché il legislatore non richiama mai la decisione, ma sempre il suo contenuto, si è ritenuto che il dato letterale implicitamente faccia riferimento appunto alla decisione relativa alla sostanziale modificazione dell’oggetto sociale. Un secondo argomento, di carattere sistematico, utilizzato dal Collegio arbitrale a fondamento della propria statuizione, fa leva sulla funzione del diritto di recesso, da individuare nella variazione della condizione di rischio dell’impresa societaria. La conclusione a cui perviene il Collegio e il fondamento di carattere sistematico di essa sono pienamente condivisibili. L’impatto sulla vita della società e sulle condizioni di rischio dell’impresa dipendono dal contenuto e dagli effetti dell’operazione, indipendentemente da quale organo l’abbia posta in essere. D’altra parte, come bene sottolinea il Collegio, i rimedi alternativi non sono idonei ad offrire una tutela equivalente rispetto al recesso. Non l’azione di responsabilità, che concerne un danno subito dal patrimonio sociale, che potrebbe mancare. Anche ove si ritenesse ammissibile nel caso di specie l’azione individuale promossa dal socio nei confronti degli amministratori, sarebbe difficile ipotizzare un danno. In ogni caso recesso e risarcimento del danno sono strumenti di tutela che [continua ..]