Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

La legge disciplinante la convenzione di arbitrato internazionale: l'intervento della Supreme Court inglese nell'imminenza della Brexit (di Rita Lombardi)


L’autore segnala una recente pronuncia della Supreme Court inglese in punto di individuazione della legge regolatrice della convenzione arbitrale nell’ambito dell’arbitrato commerciale internazionale per evidenziare che la specifica electio iuris delle parti su tale convenzione favorisce la celerità e l’efficienza dell’arbitrato. Tanto anche rispetto all’eventuale concessione di una anti-suit injunction a protezione dell’arbitrato.

The law governing the international arbitration agreement: the judgment of the English Supreme Court in the run-up to Brexit

The author points to a recent judgement of the English Supreme Court on the identification of the law governing the arbitration agreement in international commercial arbitration, to show that the specific electio iuris of the parties to such an arbitration agreement ensures the speed and efficiency of arbitration. This is also true with respect to the possible granting of an anti-suit injunction to protect the arbitration.

Keywords: International Arbitration Convention – Brexit – anti-suit injunctions

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Linee generali della disciplina dell’arbitrato internazionale - 3. Enka Insaat Ve Sanayi AS c. Insurance Company Chubb: la vicenda - 3.1. (Segue) La pronuncia della Corte Suprema inglese - 4. L’incidenza della legge della convenzione arbitrale sul potere del giudice di pronunciare una anti-suit injunction - 5. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Nell’ambito dell’arbitrato internazionale [1] – strumento di soluzione di conflitti trasnazionali di tipo privatistico di prevalente utilizzo a livello globale [2] – l’individuazione della disciplina da osservare, e per gli aspetti processuali e per gli aspetti di merito, è problematica “chiave” [3]. Di tale problematica si è occupata di recente la Supreme Court inglese [4] in quanto chiamata a pronunciarsi riguardo ad un contratto commerciale internazionale recante accordo tra le parti di soluzione delle eventuali controversie mediante arbitrato nondimeno privo dell’indicazione della legge a disciplina dell’accordo stesso. Segnatamente la Corte inglese si è pronunciata su come determinare la legge che governa la clausola compromissoria – quale sottotipo di convenzione arbitrale [5] – allorché la legge del contratto che la incorpora differisce da quella della sede dell’arbitrato. E poiché nel caso all’attenzione della Corte si dubitava altresì dell’indica­zione della disciplina del contratto principale – sicché da ultimo risultava esplicita soltanto la sede dell’arbitrato – la Corte si è soffermata pure sull’eve­nienza in cui la scelta delle parti sulla disciplina del contratto sia effettuata in modo implicito. Il caso di specie ha consentito ai giudici inglesi – in osservanza della logica e della struttura propria dei provvedimenti di common law [6] – di rimeditare funditus sulle indicazioni giurisprudenziali e dottrinali relative all’individua­zione della legge che disciplina un contratto, della legge che disciplina una convenzione arbitrale e della legge che disciplina un procedimento arbitrale, nonché di soffermarsi sulla rilevanza della legge della sede designata per l’ar­bitrato rispetto a detti ambiti di disciplina. Tanto anche al fine di vagliare i margini di estensione della disciplina considerata dalle parti ad ambiti rispetto ai quali non si sono espresse. La pronuncia dei giudici inglesi assume specifico rilievo giacché è tesa a porre “ordine e chiarezza in questo settore del diritto” [7], sì da (ambire a) fissare un criterio univoco destinato ad operare per il futuro, evidentemente sul piano internazionale. Tanto [continua ..]


2. Linee generali della disciplina dell’arbitrato internazionale

Per intendere l’indicazione interpretativa dei giudici inglesi sulle modalità di individuazione della legge della convenzione arbitrale nell’arbitrato interna­zionale, occorre anzitutto considerare che le peculiarità di questo modello di soluzione delle controversie sono il collegamento con più di un ordinamento e la totale autonomia dei soggetti privati nella scelta della disciplina che lo regola (o delle discipline che lo regolano) [10], sicché è modello naturaliter idoneo ad assorbire contestualmente una pluralità di fonti, normative e prive di carattere normativo [11], principi e regole di origine statale e non statale [12], di provenienza interna o straniera. Si tratta, propriamente, di un modello procedimentale a disciplina “elastica”, “fluida”, che combina, di volta in volta, sistemi giuridici diversi, nazionali ed internazionali, prassi ed usi sopranazionali [13]. In particolare, nella vicenda arbitrale – siccome si osserverà anche seguendo l’argomentare dei giudici inglesi – vengono in rilievo: a) la legge che regola il contratto principale; b) la legge che regola la convenzione arbitrale; c) la legge che regola il processo arbitrale; d) la legge del luogo in cui ha sede l’ar­bitrato [14]. Orbene le parti hanno la piena facoltà di stabilire, in accordo tra loro, la disciplina inerente ai prefigurati ambiti, potendo distinguere le regole relative agli aspetti processuali – ossia al processo “interno” di arbitrato ed al rapporto “esterno” di supporto e di supervisione dei tribunali statali nazionali rispetto all’arbitrato [15] – da quelle relative agli aspetti sostanziali – ossia la legge che gli arbitri devono applicare per la decisione sul merito della controversia – in ogni caso potendo riportarsi ad un regolamento previsto da un istituto arbitrale [16]-[17]. Occorre però rilevare che il più delle volte le parti si limitano ad individuare il diritto sostanziale da applicare al contratto [18] e la sede dell’arbitrato [19]. Sennonché con la localizzazione della sede dell’arbitrato, che prescinde da uno specifico collegamento con il rapporto sostanziale sottostante, le parti delineano anche il diritto processuale nazionale che regola l’arbitrato [20], [continua ..]


3. Enka Insaat Ve Sanayi AS c. Insurance Company Chubb: la vicenda

È nel delineato quadro che si colloca l’articolata decisione dei giudici inglesi nella causa Enka Insaat Ve Sanayi AS contro Insurance Company Chubb. La vicenda che l’ha originata si può sintetizzare nei termini che seguono. Una società assicuratrice russa facente parte del gruppo Chubb, la Chubb Russia, aveva assicurato per danni una società proprietaria di una centrale elettrica situata sul territorio russo, la Unipro, la quale aveva stipulato un contratto con la società russa Energoproekt per la progettazione e realizzazione di tale centrale. A sua volta la Energoproekt aveva subappaltato parte dei lavori ad una società di ingegneria e costruzioni con sede in Turchia, la Enka. Il contratto di costruzione stipulato tra le ultime due società (Energoproekt e Enka), redatto in russo ed in inglese, conteneva la clausola di risoluzione di ogni potenziale controversia tra loro insorta attraverso una pluralità di steps di negoziazione/mediazione, da ultimo confluendo in un arbitrato con sede a Londra, da condursi in lingua inglese e con l’applicazione delle regole arbitrali della International Chamber of Commerce (ICC). Nel febbraio 2016 un incendio provocava ingenti danni alla centrale elettrica, sicché la compagnia assicuratrice (Chubb Russia) versava il relativo indennizzo al proprietario della centrale (Unipro), a cui frattanto la Energoproekt aveva trasferito i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto di costruzione, in virtù di un contratto di cessione (tra Energoproekt, Unipro e Enka), contenente pure una clausola con la quale le parti convenivano che le eventuali future controversie tra Unipro e Enka andavano risolte mediante arbitrato, in conformità con la disposizione contenuta nel contratto di costruzione. La Chubb Russia, versato il prezzo per i danni patiti dall’incendio alla proprietaria della centrale elettrica e surrogatasi nei diritti di chiedere il risarcimento ai terzi responsabili, tra cui la società Enka, per difetti nella realizzazione della predetta centrale, nel maggio 2019 agiva dinanzi al tribunale commerciale statale russo [43]. Ma la Enka eccepiva che la richiesta sì avanzata rientrava nell’ambito della convenzione arbitrale del contratto di [continua ..]


3.1. (Segue) La pronuncia della Corte Suprema inglese

È quaestio finale della vicenda in esame, che – è bene notare – si snoda su tre diversi piani procedimentali (processo russo, processo inglese e processo arbitrale), la violazione dell’accordo tra le parti di deferire le controversie tra loro insorte ad arbitri con sede a Londra, e dunque la possibilità per i giudici inglesi di pronunciare una anti-suit injunction per inibire il prosieguo del processo avviato dinanzi all’autorità giudiziaria straniera [49]. Ma è quaestio centrale della medesima vicenda – id est prodromica alla valutazione della concessione della richiesta anti-suit injunction – l’indi­viduazione della legge che disciplina la convenzione arbitrale allorché non risulta un’esplicita electio iuris delle parti e la legge applicabile al contratto che la contiene differisce da quella della sede designata per l’arbitrato [50]. Ebbene avverte, in premessa, la Supreme Court che si tratta di questione annosa ed assai discussa e che al riguardo si registra un contrasto tra gli interpreti teorici e pratici, distinguendosi – siccome si è osservato in precedenza – la posizione che ritiene che la disciplina del contratto principale generalmente regola anche la convenzione arbitrale (the “main contract” approach) [51] dalla posizione che ritiene che la legge della sede dell’arbitrato generalmente regola anche la convenzione arbitrale (the “seat” approach) [52]. Quindi la Corte riferisce che i giudici di secondo grado erano pervenuti alla conclusione che, in mancanza di una scelta espressa delle parti o di indicazioni contrarie, è “general rule” [53] che la convenzione sia soggetta al regime giuridico della sede dell’arbitrato, in quanto scelta delle parti manifestata in forma implicita. Sicché, in applicazione di tale regola, avevano ritenuto che nel caso di specie la convenzione arbitrale attingesse la propria disciplina dalla legge inglese in quanto legge della sede dell’arbitrato. Occorre però puntualizzare che nella specie all’attenzione dei giudici inglesi la “presunzione” che le parti avessero optato implicitamente per la legge della sede dell’arbitrato scaturiva anche dalle incertezze sulla sussistenza di un richiamo generale [continua ..]


4. L’incidenza della legge della convenzione arbitrale sul potere del giudice di pronunciare una anti-suit injunction

Con la designazione della sede dell’arbitrato – siccome si è osservato – le parti individuano anche il potere giurisdizionale di sostegno all’arbitrato. E poiché nel caso in esame la sede dell’arbitrato era stata fissata a Londra i tribunali inglesi risultavano abilitati ad emettere l’ordine di inibizione dalla prosecuzione del processo instaurato in violazione dell’accordo arbitrale (ossia del processo avviato in Russia). Sul punto la Corte Suprema inglese – come già la Corte d’Appello – ha evidenziato che non si tratta di desumere siffatto potere dalla legge della convenzione arbitrale, come assunto da una delle parti in causa [81], bensì di considerarlo come manifestazione del potere proprio dell’autorità giurisdizionale individuata in base alla sede dell’arbitrato, a tal fine non avendo rilievo alcuno il dato che l’accordo arbitrale sia soggetto al diritto inglese od al diritto straniero. Il punto nodale della questione, infatti, è se vi sia o meno una violazione dell’accordo arbitrale, in quanto è il riscontro di siffatta violazione a determinare il giudice alla concessione dell’anti-suit injunction [82]. Il passaggio è di estremo interesse perché consente di evidenziare che la fissazione della sede dell’arbitrato a Londra assicura una piena “protezione” dell’arbitrato, ossia argina, a mezzo uno specifico strumento processuale, la prospettiva di un ricorso alla giurisdizione statale in luogo dell’arbitrato. Infatti la Corte inglese ha messo in luce che la caratteristica consolidata e riconosciuta della giurisdizione di supervisore e supporto dell’arbitrato dei tribunali inglesi è la possibilità di concedere un provvedimento teso ad evitare che una delle parti violi gli obblighi discendenti dall’accordo arbitrale veicolando la controversia verso un procedimento giurisdizionale piuttosto che, come concordato, nell’arbitrato [83]. È opportuno – anche in considerazione del recente recesso del Regno Unito dall’Unione europea, e dunque della prospettiva di considerare Londra come una delle sedi principali per gli arbitrati internazionali – fare un breve cenno al potere dei giudici inglesi di emettere gli indicati provvedimenti inibitori. Si rammenta allora che nel sistema inglese la anti-suit [continua ..]


5. Considerazioni conclusive

La linea interpretativa seguita dai giudici inglesi nella pronuncia esaminata è tesa all’accentuazione del ruolo della sede dell’arbitrato e, di conseguenza, del sistema normativo che ne è riflesso, nell’ambito dell’arbitrato commerciale internazionale. Tale linea ricostruttiva è in sintonia con l’indirizzo dottrinale volto ad attribuire alla legge della sede dell’arbitrato un ruolo primario, in quanto legge che regola “un buon numero di questioni importanti dell’arbitrato” [94]: le modalità di svolgimento della procedura arbitrale, l’individuazione dei giudici deputati all’esercizio della funzione di supporto all’arbitrato e di controllo dello stesso, l’arbitrabilità della controversia, la competenza, la composizione e il funzionamento del tribunale arbitrale, i requisiti, le modalità di emissione del lodo e la sua validità, l’individuazione delle regole sostanziali per la decisione [95]. E la legge della sede arbitrale – siccome si è osservato – rileva al contempo per la soluzione delle questioni riguardanti la convenzione arbitrale. Nella delineata prospettiva – evidentemente di stampo tradizionale – la localizzazione della sede dell’arbitrato diviene il momento di massima esplicazione dell’autonomia dei soggetti operanti in un contesto internazionale ed optanti per l’arbitrato [96], giacché si risolve nella selezione dell’ordinamento giuridico maggiormente confacente alle loro esigenze, id est ad assicurare protezione ai loro interessi commerciali [97]. Del resto, quantunque gli ordinamenti statuali moderni registrino una significativa tendenza ad uniformare la disciplina in materia di arbitrato, l’esperien­za pratica manifesta il favor delle parti per talune sedi arbitrali [98]. E però la soluzione patrocinata dalla Corte inglese, nella misura in cui indica “come regola generale” che nel caso di assenza di ogni indicazione delle parti sulla clausola compromissoria la legge che presenta il “collegamento più stretto” con essa è quella della sede dell’arbitrato [99], non esclude comunque l’ope­ra­tività di una diversa soluzione alla stregua delle specificità del caso concreto. Al cospetto di un manifesto contrasto [continua ..]


NOTE