L’articolo esamina l’impatto dell’uscita formale del Regno Unito dall’Unione europea sull’arbitrato commerciale internazionale. Inquadrato più in generale il nuovo regime giuridico dei rapporti internazionali tra l’Unione europea ed il Regno Unito, ci si sofferma in particolare sull’ambito della giustizia civile, dal quale si distingue l’area dell’arbitrato commerciale internazionale, assoggettata all’universale sistema posto dalla Convenzione di New York del 1958 e per questo da sempre rimasta estranea al “regime di Bruxelles”. In tema di regole di conflitto, ed in particolare per la designazione della legge applicabile al contratto ed alla convenzione di arbitrato, le corti inglesi non sono più obbligate a seguire il Regolamento di Roma I. Non si prevedono tuttavia ripercussioni sostanziali della Brexit sull’operatività dell’arbitrato commerciale internazionale. Potrebbero invece materializzarsi difficoltà pratiche per gli operatori e le parti coinvolte, dato il venir meno delle libertà di circolazione riconosciute dai trattati europei. Infine, appare complesso e disarmonico il regime di tutela degli investimenti diretti esteri nelle relazioni tra Regno Unito ed UE.
The article considers the impact on international commercial arbitration of the formal withdrawal by the United Kingdom from the European Union. The new legal regime applicable to the relationships between the European Union and the United Kingdom is examined first. The discussion then focuses on the area of civil justice and makes a distinction for international commercial arbitration, which is subject to the 1958 New York Convention regime and has always been outside the “Brussels Regime”. The Rome I Regulation does not bind English courts anymore. Domestic principles will be applied by the British courts to identify the law applicable to a contract, and to the arbitration agreement. No substantial impact is however expected on the practice of international commercial arbitration. Practical difficulties may on the other hand be experienced by practitioners and parties involved, given that they will not be able anymore to enjoy the freedoms of movement recognised by EU law. Finally, the protection of foreign direct investments in the UK-UE relationships appears a complex and disharmonious area.
Keywords: Brexit, EU-UK Trade and Cooperation Agreement, International commercial arbitration, judicial cooperation in civil matters, Law applicable to the arbitration agreement, Anti-suit injunction.
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1. La “Brexit” - 2. Arbitrato internazionale e cooperazione in materia di giustizia civile - 3. L’arbitrato commerciale internazionale dopo la “Brexit” - 4. Gli effetti della “Brexit” sugli arbitrati in materia di investimenti UE-UK - NOTE
L’uscita formale del Regno Unito dall’Unione europea è avvenuta il 31 gennaio 2020 [1], con lo scoccare della mezzanotte, per effetto della dichiarazione di recesso ai sensi dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea che la parte uscente aveva formalizzato il 29 marzo 2017 [2]. Immediatamente dopo, il 1° febbraio 2020 è entrato in vigore l’“Accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione europea” [3], che ha previsto un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020, durante il quale, per quanto concerneva il funzionamento del mercato comune ed i diritti dei cittadini, è sostanzialmente rimasto in vigore il regime precedente l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. In effetti, durante il periodo di transizione l’Unione europea ha trattato il Regno Unito come se fosse stato ancora uno Stato membro, fatta eccezione per la partecipazione alle istituzioni e alle strutture di governance dell’Unione europea. Il 31 dicembre 2020 è terminato il periodo transitorio. Il Regno Unito è dunque uscito dal Mercato Unico e non è più parte dell’ecosistema eurounitario di politiche e regole condivise e garantite da meccanismi di sorveglianza ed applicazione uniforme del diritto europeo, dotato di efficacia diretta e primato sulle normative nazionali confliggenti [4]. All’ultimo minuto [5], il Regno Unito è riuscito comunque a concludere con l’Unione europea un nuovo accordo sugli scambi commerciali e di cooperazione (“Trade and Cooperation Agreement” – TCA) [6], mediante il quale le parti contraenti hanno inteso porre le basi per un più ampio rapporto tra l’Unione ed il Regno Unito, basato su relazioni strette e pacifiche, stabilendo a tal fine reciproci diritti e doveri, azioni comuni e procedure speciali [7]. Il TCA è stato approvato dal Consiglio dell’Unione europea il 29 dicembre 2020 [8], è stato ratificato dal Parlamento del Regno Unito il 30 dicembre 2020 [9] e – con decisione di carattere eccezionale – è entrato in vigore in via provvisoria il 1° gennaio 2021 (fino al 28 febbraio 2021, salvo proroga), in attesa dell’approvazione da parte del Parlamento europeo e della successiva decisione conclusiva del Consiglio Europeo [10]; la conclusione del procedimento [continua ..]
Per quanto qui ci interessa, è utile ricordare che sono venuti a cadere in un solo colpo tutti gli obblighi che legavano reciprocamente il Regno Unito e ciascuno dei sistemi giuridici degli altri paesi membri dell’Unione europea nell’ambito della cooperazione in materia di giustizia civile e dell’unificazione degli strumenti di diritto internazionale privato e processuale, con l’eccezione dei procedimenti riguardanti la materia civile e commerciale già pendenti alla data finale del periodo transitorio, ai quali continueranno ad applicarsi le regole vigenti nello spazio giudiziario europeo [18]. Quali conseguenze tutto ciò comporta per l’arbitrato commerciale internazionale? Gli esperti e professionisti del settore non si aspettano, a seguito della “Brexit”, grandi ripercussioni sull’operatività quotidiana dell’arbitrato commerciale internazionale; si tratta, in effetti, di una materia che – come noto [19]– è sempre stata intenzionalmente esclusa dai principali strumenti di diritto internazionale processuale eurounitari (e prima ancora dalle Convenzioni di Bruxelles e Lugano), in quanto regolata da accordi internazionali dedicati [20], di più ampia portata territoriale e già ben consolidati prima ancora che gli stati europei rafforzassero la loro cooperazione nella materia giudiziaria civile con la creazione dello spazio giudiziario europeo sulla base dell’(attuale) Titolo V del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea [21]. In assenza di una definizione precisa della portata dell’esclusione della materia arbitrale dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles [22] prima, e del Regolamento Bruxelles I [23] poi, la Corte di Giustizia era stata chiamata a delinearne i contorni pratici in via interpretativa ed aveva indicato come criterio guida l’individuazione dell’oggetto principale della controversia, sul quale il giudice veniva chiamato a pronunciarsi in base alla domanda attorea, senza aver riguardo alle eccezioni proposte dal convenuto [24]. L’esclusione è oggi normativamente prevista dall’art. 1(2)(d) del Regolamento UE n. 1215/2012 [25] (Bruxelles I bis). La portata dell’esclusione è stata chiarita mediante l’inserimento di un apposito considerando n. 12, nel quale si precisa che [continua ..]
Dato l’atteggiamento tradizionalmente “arbitration friendly” del sistema giuridico inglese, non ci sono dunque ragioni per ritenere che la “Brexit” possa avere delle ripercussioni negative sull’operatività dell’arbitrato commerciale internazionale, fatto salvo quanto già menzionato in tema di regole di conflitto non più armoniche. A tale ultimo proposito, è utile ricordare che, proprio di recente, la Supreme Court of England and Wales, nel caso Enka vs Chubb [33], è stata nuovamente chiamata ad indicare i criteri a cui il giudice inglese dovrà rifarsi per individuare la legge applicabile alla convenzione di arbitrato [34]. In detta pronuncia, la Suprema Corte inglese ha confermato che la scelta della legge applicabile al contratto effettuata dalle parti si estende anche alla convenzione di arbitrato. Invece, in mancanza di scelta di legge (esplicita o implicita) ad opera delle parti, per quanto riguarda la legge regolatrice della convenzione di arbitrato dovrà farsi applicazione della legge dello stato con il quale l’accordo compromissorio presenta il collegamento più stretto, che si presume essere lo stato della sede dell’arbitrato, quando quest’ultima è stata designata dalle parti nel contratto. È interessante notare che, sul punto, la Supreme Court of England and Wales è intervenuta riformando la decisione del giudice dell’appello in ordine alla motivazione. La Court of Appeal [35], infatti, per dirimere la questione relativa alla validità ed efficacia della convenzione di arbitrato aveva fatto applicazione di un diverso criterio: riconoscendo l’autonomia della clausola compromissoria, la Corte d’Appello aveva ritenuto di poter individuare una scelta di legge implicita operata dalle parti, a favore della legge inglese, basandosi sulla scelta di un arbitrato con sede a Londra e disciplinato dall’Arbitration Act 1996, nonostante la legge applicabile all’intero contratto fosse quella di un diverso stato [36]. La stessa decisione della Suprema Corte è stata adottata (solo) a maggioranza (3/5) dei membri del collegio giudicante. Sempre a proposito dell’atteggiamento tradizionalmente “pro-arbitrato” delle corti inglesi, si nota anche la flessibilità e pragmaticità dell’approccio inglese in tema di interpretazione della [continua ..]
La situazione diventa molto più delicata per quanto riguarda il regime di tutela degli investimenti effettuati dai cittadini europei nel Regno Unito e da quelli britannici nell’Unione europea. Il TCA contiene alcune disposizioni sostanziali a tutela degli investimenti esteri [47], ma con varie limitazioni ed in ogni caso senza prevedere alcun meccanismo di risoluzione delle eventuali controversie che dovessero insorgere tra una parte contraente ed un investitore privato della controparte. Inoltre, nessuna disposizione del TCA potrà essere direttamente invocata ed applicabile davanti ai giudici nazionali (con poche eccezioni, espressamente contemplate all’art. 16 COMPROV) [48]. D’altro canto, poiché il Regno Unito non aveva aderito all’Accordo sull’estinzione dei Trattati Bilaterali di Investimento tra Stati membri dell’Unione europea [49] del 5 maggio 2020, restano ancora in vigore una decina di trattati bilaterali sottoscritti tra il Regno Unito ed alcuni Stati membri dell’Unione europea (quelli di più recente adesione) [50]; gli investitori appartenenti a questi stati paradossalmente potranno beneficiare di una tutela diretta (nei limiti previsti dai BITs in questione) per la risoluzione di eventuali controversie investitore-stato, mentre tutti gli altri potranno al massimo avvalersi della possibilità di intervenire in veste di amicus curiae nei procedimenti arbitrali che venissero instaurati in forza del TCA [51]. Resta comunque il fatto che, in materia di tutela degli investimenti esteri, anche prima della Brexit il quadro era quanto mai complesso e frammentato [52] e sembra ancora molto lontana la prospettiva di giungere alla costituzione di un foro internazionale permanente per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti, quale potrebbe essere la “Multilateral Investment Court” [53] caldeggiata dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione europea [54].